Incipit
Emanuele si considerava un buon incassatore, così gli piaceva descriversi quando parlava con amici e colleghi che stavano ad ascoltarlo con un sorriso indulgente appena accennato. ‘Un buon incassatore, ecco cosa sono, uno che riesce a prendersi scariche di pugni e resta in piedi, non spreca energie… poi, al momento buono, bam! Parto al contrattacco e assesto colpi che lasciano il segno.’ A queste parole di solito il sorriso di chi lo ascoltava si faceva ironico ma Emanuele non se ne accorgeva e annuiva con l’aria di uno che la sa lunga. Saper essere un buon incassatore, ecco il segreto per Emanuele Virgili, quarantun anni, basso, tarchiato, scuro di capelli, una calvizie insidiosa che lavorava in silenzio sulla parte alta della testa lasciandogli un’odiata linguetta di capelli radi nel centro della fronte. Diplomato alle magistrali, senza grandi ambizioni, nessun vero progetto per il futuro, viveva da solo in un alloggio in un palazzo enorme all’estrema periferia di Augusta, a due passi dalla Provinciale.
Non era un appassionato di box, nonostante l’amata storia dell’incassatore, anzi, la boxe non gli piaceva, aveva evitato perfino di farsi convincere a fare le lezioni gratuite di box thailandese che gli avevano offerto in palestra nel periodo in cui andava, anni prima, e neanche la guardava in televisione quando c’erano gli incontri dei pesi massimi. Niente. Emanuele amava senza follie il calcio, tifava per la squadra locale, l’Augusta F.C. che era in serie B, seguiva le partite, anche le amichevoli della Nazionale, e a volte il ciclismo, soprattutto se era il Giro d’Italia e la sua scorta di birra prometteva di non tradirlo. Aveva una mountain bike Atala del 1999 con ventun rapporti che usava per fare giri in campagna, soprattutto d’estate, e un abbonamento annuale ai mezzi pubblici di Augusta, tratta urbana, perchè non aveva mai preso la patente.
Per quarantun anni, sei mesi e dodici giorni le cose erano andate bene, Emanuele avrebbe detto ‘filate lisce’, la madre si era occupata di lui, l’aveva fatto studiare fino al diploma, con le lezioni private estive in vista dei puntualissimi ‘esami a settembre’, lo aveva tenuto in casa, servito, riverito e accudito fino ai trentacinque anni e poi aveva usato i risparmi di tutta la vita per comprargli i sessanta metri quadri al sesto piano del casermone in Via Settembrini 18 in cui Emanuele aveva vissuto da solo negli ultimi sei anni. Quando aveva venticinque anni era entrato come commesso al Supermercato Imic & Co e lì era rimasto per tutti quegli anni senza far carriera, senza grandi aumenti di stipendio e senza aver mai invitato al cinema nessuna delle cassiere come sua madre e qualche collega del reparto surgelati gli avevano suggerito di fare. Niente, le avventure sentimentali e le imprese amatorie di Emanuele si riducevano a un paio di rocambolesche avventure alle superiori, una storia con una donna matura che abitava nel suo palazzo al secondo piano e che era morta d’infarto l’estate dopo e una serie di rapporti mercenari.
Non era poi tanto difficile essere ‘dei buoni incassatori’ quando non c’era niente da incassare. Quanto ai problemi, ma Emanuele li chiamava puntualmente ‘colpi bassi’, si limitavano alle bollette da pagare, o alla vecchia che abitava di fianco e che si lamentava sempre per il volume del televisore e poi lei si addormentava davanti al suo che rimaneva acceso fino all’una o alle due di notte o ai malumori del capo reparto e perfino alla voce che era circolata con insistenza sospetta nel supermercato mesi prima secondo cui Emanuele, anzi Lele, come lo chiamavano tutti, diminutivo che non amava, fosse omosessuale. Anzi, frocio! come diceva quella scritta ignobile che era durata mesi sulla parete della casa di fronte all’ingresso principale del Supermercato.
Il primo vero colpo duro lo aveva incassato un mese prima, e con sua infinita sorpresa non era riuscito a incassarlo bene, tutt’altro, era finito dritto al tappeto. Certo, si era rialzato quasi subito ma lo smacco c’era e restava. Ora chissà fino a quando sarebbe durata questa storia, pensava Emanuele durante il lungo giro in bici che ora faceva tutti i pomeriggi.
Da un mese lo avevano messo in cassa integrazione e, altro colpo durissimo, sua madre era all’ospedale da quasi tre settimane per un infarto. Brutti, bruttissimi colpi anche per un ottimo ed esperto incassatore come Emanuele Virgili.
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