Giurie

MALACRIANZA di GIOVANNI GRECO

venerdì, 24 Febbraio 2012

Finisci la creanza! Non lasciare la creanza! Che fai lasci la creanza? La creanza del cafone? Che poi non ha mai capito perché proprio il cafone dovesse essere quello che lascia l’ultima briciola, l’ultimo boccone, l’ultimo cucchiaio di minestra – proprio il cafone che per quanto ne sapeva doveva essere l’affamato numero uno di ritorno dal suo duro lavoro. Come non ha mai capito la storia dell’angelo che passa quando fai gli occhi storti e dice amen e te li fa rimanere per sempre gli occhi storti, se ti trova a fare gli occhi storti, anche se li fai di nascosto e ti pare che nessuno ti vede, rimasto solo davanti al piatto con la minestra ormai gelida… Finisci la creanza! Te ne manca poca… non mi va… non mi va… Ci sono bambini che muoiono di fame… non mi va… Finisci, che diventa colla… Qualche volta si è forzato, qualche volta no, non gli era del resto chiaro che c’entravano la creanza e i bambini che muoiono di fame, la sua creanza, l’avanzo di carne nel suo piatto e questi stranissimi bambini che invece di giochi normali, di capricci normali, di morbilli normali, muoiono di fame. Muoiono-di-fame, come se fosse qualcosa di diverso da morire per il colpo di pistola di un pistolero o per la freccia avvelenata di un indiano. Non capiva che gioco era morire di fame, se era un gioco (sembrava di no), che volevano dire: una di quelle cose dei grandi, che capiscono loro, che fanno ridere solo loro, che piacciono solo a loro (come quando altri grandi si danno i baci in bocca in televisione, che lui si girava dall’altra parte o si tappava occhi e orecchie con le mani per non vedere e non sentire). Una di quelle stranezze che magari s’inventano quando vogliono qualcosa e tirano fuori parole che non esistono, che s’inventano solo per… Finisci la creanza! Che fai, lasci la creanza? La creanza del cafone? Ma cafone non era una parolaccia?