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Mariapia Veladiano

martedì, 20 Marzo 2018

Intervista di Ella May – Dicembre 2015

Illustrazione di Davide Lorenzon

Mariapia Veladiano è nata a Vicenza nel 1960. Dopo essersi dedicata con passione all’insegnamento, attualmente è preside di una scuola vicentina. Nel 2010 si è aggiudicata la vittoria nella 23°edizione del Premio Italo Calvino grazie all’opera Memorie mancate, diventata poi nel 2011 il bellissimo romanzo La vita accanto edito da Einaudi Stile Libero, che l’ha portata in finale al Premio Strega. Oggi è una delle scrittrici più amate del panorama italiano. La ritroveremo in libreria a partire dal 28 gennaio [2016] con Una storia quasi perfetta, edito da Guanda.

N.d.R.: sempre per Guanda, Mariapia Veladiano ha pubblicato il suo ultimo libro Lei (ottobre 2017). È stata scelta come giurata della 31° edizione del Premio Italo Calvino.

 

1) Prima di qualsiasi altra cosa, puoi raccontarci il tuo rapporto con i libri e con la scrittura?

Allora partiamo dal fatto che sono stata una lettrice appassionata. Da piccola mi perdevo nei libri e provavo a scrivere storie simili a quelle che leggevo. Mi piaceva inventare mondi e come tutti i bambini sognavo di essere io la protagonista di tutte le storie. Scrivere mi è sempre piaciuto anche perché mi riusciva facile, facile rispetto alle richieste della scuola, ad esempio, e le soddisfazioni arrivavano senza sforzo. È una sensazione bellissima quella che ci accompagna quando le parole si scrivono quasi da sole. Tutti i bambini intorno fanno sforzi tremendi per scrivere qualcosa e noi invece no, scriviamo e scriviamo. Poi è arrivato un altro tipo di scrittura. Scrivere per capire quel che mi capitava e per trasformarlo anche. Raccontare storie che intercettano le vite degli altri e ne trovano il comune segreto. Segreto perché non sappiamo chiamarlo per nome ma lo sappiamo riconoscere se qualcun altro lo nomina. Qui la scrittura è diventata molto più faticosa. Una bella fatica, ma del tutto diversa dalla spontaneità con cui si scrive da bambini.

 

2) Parlaci del manoscritto che hai inviato al Premio Italo Calvino: com’è nato e perché l’hai scritto?

La storia di Rebecca bambina che si sente bruttissima è arrivata proprio da sola. Del resto ho scritto sempre così, con la libertà di chi non ha in mente di pubblicare e si dedica alle storie che scrive per riscriverle più avanti e poi ancora riscriverle e ogni tanto rileggerle. Però a posteriori riconosco di avere raccolto dai ragazzi, dal mio vivere a scuola, una crescente paura di non essere accettati, un rischio epocale di esclusione, una specie di cattivo segno dei tempi. Viviamo un’epoca “giudicante”. Tutti spettatori davanti a uno schermo, seduti, pronti a giudicare secondo canoni rigidi e costruiti. Non è facile vivere così. Rebecca lo racconta. “La vita accanto” è stato scritto in molto tempo, a pezzi, un pensiero alla volta. Proprio niente a che vedere con la scrittura vorticosa di quando si è bambini.

 

3) Qual è stato il percorso che ti ha portato fino al Calvino?

Nel 2010 ho compiuto 50 anni. Un piccolo trauma. E mi è venuto il pensiero di provare a vedere se a qualcuno potesse interessare quel che scrivevo. Forse un bisogno di conferma di valere, chissà. O forse ho superato la paura del giudizio. Sulla scrittura, voglio dire. Ho scritto molto prima. Racconti, qualche romanzo tutto intero, poesie. Ma non avevo cercato la pubblicazione. Difficile dire che cosa spinge davvero a esporsi attraverso la scrittura. In realtà io vivevo già da anni una piccola esposizione, ho lavorato per Il Regno, ho fatto la redattrice di un settimanale, ma si trattava di scrittura di servizio. La narrazione espone molto di più. È una consegna di sé al romanzo e non per il banale motivo che sempre quel che si racconta passa attraverso la propria vita e ne conserva la traccia, ma anche perché tutto proprio tutto è nostro in un libro, ogni parola scelta, ogni nome, ogni luogo. È uno squadernamento anche quando ci si nasconde programmaticamente.

 

4) Come hai vissuto la partecipazione al Calvino?

In realtà avevo un mare di pensieri. Io non credo a chi racconta di avere inviato un manoscritto e di averlo poi dimenticato. È proprio una piccola o grande consegna di sé. Io non pensavo di essere segnalata né di vincere ma speravo. La premiazione è stato un momento intenso. Non conoscevo assolutamente nessuno, ero arrivata a Torino da sola, non avevo amici né conoscenti. È stato facile essere accolta. In realtà i “lettori” e giudici del Premio costituiscono un gruppo molto eterogeneo ma capace di rapporti di amicizia vera. Da allora non ci siamo persi più. E ho relazioni di amicizia e affetto anche con i finalisti di quell’anno: Antonio Bortoluzzi e Pierpaolo Vettori ad esempio. Che poi hanno pubblicato e continuato a scrivere.

 

5) A seguito della vittoria è arrivata la pubblicazione; quale effetto ha avuto su di te l’ingresso nel mondo dell’editoria in veste di scrittrice?

L’arrivo in Einaudi è stato un vortice. Non sapevo che cosa aspettarmi, non avevo nessuna esperienza di case editrici e pubblicazioni. Non conoscevo nessuno. Einaudi Stile Libero ha creduto molto nel libro, un bel lavoro di squadra. Ho imparato a mettere in fila periodicamente le cose importanti, a riassumermele, perché l’esposizione improvvisa può diventare pericolosa, far perdere l’equilibrio. L’età mi ha aiutata.

 

6) Dopo l’esordio è cambiato il tuo rapporto con la scrittura?

Un poco sì è cambiato. È cresciuto il peso di uno sguardo esterno sulla scrittura. Scrivere sapendo di non pubblicare ci lascia più liberi. Poi arrivano le scadenze, i tempi da rispettare. Il fatto di non essere una scrittrice “seriale”, si può dir così? Cioè di scrivere storie molto diverse fra loro, dà un senso di esordio ad ogni uscita. Un doversi chiedere: e questo romanzo come sarà accolto? C’è da dire che intanto erano cambiate altre cose nella mia vita. Nei mesi del Calvino ho anche vinto il concorso per fare la preside, in Trentino. Un’esperienza bellissima in una regione che ha uno straordinario reale attento interesse per la scuola e che è un laboratorio continuo di sperimentazione didattica e anche organizzativa. La mia vita ha avuto una accelerazione impensata.

 

7) Di recente il tuo romanzo La vita accanto è diventato uno spettacolo teatrale. Com’è avvenuto il passaggio dalla pagina scritta al palcoscenico?

Quando un libro diventa teatro cambia natura, diventa un’altra cosa. Il romanzo è diventato un monologo. È stato riscritto dalla poetessa Maura Del Serra, quindi una scrittura d’artista, straordinaria. Un monologo vive completamente della identificazione con l’attrice che lo interpreta. Monica Menchi, che lo porta in teatro, ha una personalità fortissima, fin dalla prima battuta molto più potente rispetto alla voce di Rebecca nel libro. È giusto così. Io non ho avuto alcuna parte nella trascrizione teatrale e anche questo è giusto che sia così.

 

8) È vero che hai una passione particolare per il colore azzurro?

Sissì. Amo l’azzurro e ho proprio chiesto che ci sia nelle copertine. Ma sono stata sempre fortunata perché tutti gli editori, Einaudi per i due romanzi, Rizzoli per il giallo per ragazzi, e ora Guanda, mi hanno sempre coinvolta nella scelta delle copertine. La finestra de La vita accanto, con la tenda che vola nell’azzurro, è assolutamente perfetta. È tutta di Riccardo Falcinelli, splendido creatore di quasi tutte le copertine di Einaudi Stile Libero. È completamente sua anche quella di Ma come tu resisti, vita (2013). Io ho solo chiesto che fosse la coda di un pavone bianco, simbolo di resurrezione, perché il libro racconta le mille resurrezioni di cui possiamo diventare capaci anche quando non lo sappiamo. E lui ha inventato questa coda che è anche un’esplosione, di vita appunto. Per Il tempo è un dio breve (2012) ho proposto un dipinto di un pittore giapponese che amo, Yamaguchi Kayo. Ed è lo stesso della copertina del prossimo libro. L’unica senza azzurro, ma era ben tempo di cambiare, altrimenti il lettore pensa che sia sempre lo stesso libro!

 

9) Il successo letterario ha in qualche modo cambiato la tua vita?

Tutto molto veloce, ecco. Ho difeso bene la mia vita dalla eccessiva esposizione, ho viaggiato molto con il libro evitando per quanto possibile le occasioni di esposizione impropria. Ma è davvero oggi tutto troppo compresso.

 

10) A gennaio [2016] sarai in libreria con Una storia quasi perfetta. Qual è il tema del tuo nuovo romanzo? E dove potremo incontrarti?

È una storia di seduzione. C’è una donna, l’incanto della sua arte, lei disegna, e soprattutto della sua vita, rinata già una volta. C’è un uomo, presente dall’inizio alla fine. Il romanzo è quasi un duetto. Torna Vicenza, come nel primo romanzo, luoghi nuovi della città, che continua a non essere nominata. Le prime presentazioni saranno a Vicenza, Roma, Milano. È bello accompagnare i propri romanzi, incontrare i lettori e farsi restituire da loro la storia, diventata diversa attraverso la loro vita.


 

Mimmo Candito

lunedì, 5 Marzo 2018

È mancato Mimmo Candito, direttore de L’Indice dei Libri del Mese.
Desideriamo ricordarlo per la grande generosità e lo spirito di libertà con cui ha sempre dato spazio al Premio sulle pagine della rivista.

La giuria della XXXI Edizione

mercoledì, 31 Gennaio 2018

Teresa CIABATTI

Laureata in Lettere Moderne alla Sapienza, ha pubblicato il suo primo romanzo nel 2002, Adelmo, torna da me (Einaudi), da cui è stato tratto il film L’estate del mio primo bacio, di Carlo Virzì (2005). Del 2008 è il suo secondo romanzo, I giorni felici (Mondadori). Escono poi, nel 2013, Il mio paradiso è deserto (Rizzoli) e, nel 2017, La più amata (Mondadori), classificatosi in seconda posizione allo Strega 2017. Suoi racconti sono comparsi sulle riviste Diario e Nuovi Argomenti. Dell’antologia Ragazze che dovreste conoscere (Einaudi Stile Libero) del 2004, fa parte il suo pezzo I desideri di Rossella O’Hara. Collabora con La Lettura del Corriere e ha svolto attività di sceneggiatrice, tra l’altro per Cosmonauta di Susanna Nicchiarelli (2009).


 

Luca DONINELLI

Laureato in Filosofia all’Università Cattolica di Milano con una tesi su Foucault, si è poi dedicato alla narrativa, ottenendo numerosi importanti riconoscimenti. Il suo lungo racconto d’esordio, I due fratelli (Rizzoli, 1990) vinse il Premio Berto. Con La revoca (Garzanti, 1992) ebbe il Premio Selezione Campiello e con La nuova era (Garzanti, 1999), finalista allo Strega, il Grinzane Cavour. Le sue opere più recenti sono Le cose semplici (Bompiani, 2015, premio Selezione Campiello 2016) e La conoscenza di sé (La Nave di Teseo, 2017). Di particolare rilievo per il suo profilo letterario e intellettuale, il libro intervista Conversazioni con Testori (1993, Guanda). È anche autore teatrale (Ite missa est, 2001; La Mano, Garzanti, 2001; Maryam, 2017).


 

Maria Teresa GIAVERI

Scrittrice, traduttrice, docente universitaria di Lingua e Letteratura francese a Pescara, Napoli, Pisa, Messina, tra il 2008 e il 2015 è stata titolare della cattedra di Letterature Comparate presso la Facoltà di Lettere di Torino. A Napoli e a Milano, ha realizzato un “Atelier di scrittura” per studenti (1981-2003) nonché ha tenuto corsi dedicati alla traduzione editoriale. Per i “Meridiani” di Mondadori ha curato i volumi dedicati a Colette (Romanzi e racconti, 2000) e a Paul Valéry (Opere scelte, 2014). Ha scritto saggi pubblicati in opere collettive, tra cui Borges e Dante (in Lectura Dantis, L’Orientale, 2001), Il viso, il naso: fra Marcel Proust e Murasaki Shikibu (in La scrittura e il volto, Liguori, 2006). È vicepresidente del Pen Italia.


 

Vanni SANTONI

Scrittore, giornalista, editor. Dopo l’esordio con lo sperimentale Personaggi precari, ha pubblicato con Feltrinelli il romanzo Gli interessi in comune (2008), oggetto, alla sopravvenuta irreperibilità, di copie clandestine e samizdat; con Laterza Se fossi fuoco arderei Firenze (2011), Muro di casse (2015), La stanza profonda, (2017, candidato allo Strega); con Mondadori, il dittico fantastico Terra ignota (2013-14, firmato come Vanni Santoni HG in omaggio a guido Morselli) e, nel 2017, L’impero del sogno. Ha dato vita a iniziative di scrittura collettiva (In territorio nemico, minimum fax 2013) e dirige la narrativa di Tunué, una linea di tendenza tra le più interessanti nell’odierno panorama editoriale. Scrive sul Corriere della sera.


 

Mariapia VELADIANO

Laureata in Filosofia a Padova con una tesi su Bonhoeffer, si divide tra le attività di scrittrice, giornalista (collaborando, in particolare, con Il regno e con Repubblica) e dirigente scolastica. Nel 2010 ha vinto il Premio Calvino con La vita accanto, uscito nel 2011 da Einaudi Stile Libero e arrivato secondo allo Strega del medesimo anno. Escono successivamente il romanzo Il tempo è un dio breve (Einaudi SL, 2012); Ma come tu resisti, vita (Einaudi SL, 2013), un testo di ragion pratica; ancora un romanzo, Una storia quasi perfetta (Guanda, 2016); e, nel 2017, il singolare Lei, ispirato alla Maria evangelica. Il grande interesse di Veladiano per i temi della scuola e dell’educazione è testimoniato da Parole di scuola (Erickson, 2014).

 

 

 

NELL’OFFICINA DELLO SCRITTORE:
COME SONO NATI I ROMANZI FINALISTI della XXX EDIZIONE

mercoledì, 10 Gennaio 2018

Abbiamo chiesto ai nostri nove finalisti, molti dei quali sono già in dirittura d’arrivo con la pubblicazione, di scriverci qualcosa su come è germogliata in loro l’idea del romanzo che hanno scritto e ci hanno felicemente inviato. La gestazione è stata lunga, carsica, non sempre pienamente conscia: questo è il tratto comune. Suggestioni provenienti dall’esperienza, da libri, da film, da paesaggi, da memorie, da profonde istanze morali hanno agito fino a trovare un loro cammino, accidentato e, insieme, affascinante. Ci sono stati tentativi, titubanze, indugi, strade che parevano aperte e che poi si sono rivelate vicoli ciechi finché non si è stagliata con chiarezza di fronte a loro la radura cui pervenire. Il tempo ha lavorato producendo buoni frutti. La genesi non è stata fulminea. E ci è voluta anche un’assidua pratica di scrittura e, inutile dirlo, di lettura.


Come è nato L’animale femmina
Emanuela Canepa

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Come è nato Le lettere dal carcere di 32 B
Nicolò Cavallaro

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Come è nato Città assediata
Andrea Esposito

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Come è nato Alla cassa
Igor Esposito

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Come è nato Le tigri del Gocèano
Vanni Lai

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Come è nato Il Regno
Davide Martirani

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Come è nato Presunzione
Luca Mercadante

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Come è nato La fine dell’estate
Serena Patrignanelli

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Come è nato Jimmy Lamericano
Roberto Todisco

 

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Il Premio Calvino in Spagna

venerdì, 22 Dicembre 2017

Nel corso del XIV congresso di “Escritoras y escrituras” (11-13 dicembre 2017, Siviglia) ha preso la parola la nostra lettrice Loretta Junck con una relazione sui Premi letterari italiani e questioni di genere in cui viene presa in esame la presenza delle donne nei premi letterari italiani. Possiamo dire, con un certo orgoglio, che il Premio Calvino ne esce, comparativamente, a testa alta.

-> Scarica la relazione di Loretta Junck (in formato pdf)

Il titolo del congresso era Ausencias. La reconstrucción del canon literario en Europa y las escritoras / Assenze. La ricostruzione del canone letterario in Europa e le scrittrici. Il gruppo internazionale di ricerca “Escritoras y escrituras” è diretto dalla prof.ssa Mercedes Arriaga Florez dell’Università di Siviglia.