Maurizio BARUFFALDI (1962), STATION WAGON
“per la capacità di sviluppare nello spazio concentrazionario di un abitacolo d’auto un breve ma variegato e intenso incontro tra un uomo e una donna”
Arturo BELLUARDO (1962), IL BALLO DEL DEBUTTANTE
“per il fresco, divertito e parodistico racconto delle rocambolesche avventure tra Sicilia e quarta sponda di un giovane che si scopre gay durante l’era fascista”
Lidia BIANCO (1943), CRONACA BIANCA – Racconti
“per la bella e coerente ricostruzione, sul filo della memoria, della scomparsa civiltà contadina della Provincia Granda”
Gianluca CASAGRANDE (1973), DA QUEST’ANGOLO DELLA FINESTRA – Racconti
“per la visione grottesca e liquamosa di Roma resa con una lingua sporca, densa di un suggestivo lessico corporale”
Piergianni CURTI (1943), VIVI E MORTI – Racconti
“per la prosa distesa e insieme immaginifica con cui illustra, trascendendo il dato personale, il classico conflitto tra generazioni facendo perno sullo snodo cruciale, per l’Italia, degli anni Cinquanta”
Virgilio CASTELLANA (1976), LA FORMAZIONE DI UN SUICIDA – Racconti
“per la ricca declinazione, grazie a una copiosa serie di racconti idealmente connessi, del tema della solitudine esistenziale”
Lorenzo DELLA FONTE (1960), L’INVASIONE DEGLI SPIRITI
“per l’originale rivisitazione in chiave musicale, dagli echi buzzatiani, dell’epica della Grande Guerra”
Lucio DI CICCO (1952), IL PRIMO FREDDO
“per la polifonica narrazione, non senza scarti lirici e sulla scia di una consolidata tradizione, della vita apparentemente immobile di un paesino abruzzese nel secondo dopoguerra”
Annamaria DI MICHELE (1940), IL GIRO DEL VENTO
“per la ricchezza di analisi e l’intensità di stile con cui viene dipanata una storia di famiglia attraverso i complessi rapporti tra le varie generazioni di donne ”
Simona DIMITRI (1981), SQUARCI
“per la capacità di tracciare un percorso femminile tra infanzia e età adulta, nel quadro di una famiglia ordinariamente disfunzionale, a partire dai gesti e dai fatti delle quotidianità”
Fabio DRAGOTTA (1987), IL BACIO DEL GOLEM
“per l’intensità e l’autenticità con cui viene schizzata una drammatica vicenda di abuso domestico che rende il protagonista incapace di amare”
Sergio FOSCARINI (1974), PADRE MOSTRO
“per la forza con cui affronta il difficile e drammatico percorso verso l’equilibrio psichico e affettivo di un adolescente cui è mancata la figura paterna”
Michela FREGONA (1972), QUELLO CHE VERRÀ
“per lo sguardo ironico e dolente e lo stile ricco e fluido con cui l’autrice ci conduce allo scoperta dell’odierno mondo della scuola”
Francesco FURLAN (1982), VOGLIO CHE MIO PADRE MUOIA
“per la flessibilità stilistica e l’originale architettura a due voci – due fratelli polarmente opposti − di un odierno romanzo famigliare”
Ciro GAZZOLA (1990), CARTOGRAFIA DELLA SOLITUDINE
“per l’aggiornato quadro sociale e valoriale del Nordest che emerge attraverso le storie intrecciate di sei giovani”
Luca IORI (1983), 95 MICRORACCONTI – Racconti
“per la lingua incisiva e i guizzi surreali con cui spesso questi pezzi in libertà sorprendono il lettore”
Claudio LAGOMARSINI (1984), L’INCAUTO ACQUISTO
“per la notevole qualità di scrittura con cui affronta una vicenda dai tocchi cospirativi che affonda le sue radici in uno dei tanti misteri italiani, il rapimento e la morte di Aldo Moro”
Edoardo MONTENEGRO (1976), DELIRIO POSTINDUSTRIALE
“per il lirico rap che dà voce in cento frammenti alla metastasi degenerativa di una metropoli dei nostri tempi”
Roberto PERETTO (1946), SILDENEPRO IL FANTASISTA DIALETTICO
“per la prosa fiammeggiante di invenzioni e per il lessico sterminato e prezioso della sua accorata invettiva civile ed esistenziale”
Stefano PERRICONE (1958), L’AMORE DEL TENENTE BRAUN
“per la delicatezza di tocco e l’eleganza espressiva con cui sono intessute due vicende d’amore ambientate in epoche diverse, ma destinate entrambe allo scacco”
Marco RINALDI (1948), IO NON VOGLIO BENE A NESSUNO
“per la coinvolgente narrazione di una mala educación all’italiana che si svolge nel mito di un machismo d’ordinanza”
Carlo RUSSO (1956), COME UN GRANELLO DI SENAPE
“per la qualità immaginosa di una storia inattuale ambientata in una Sicilia antropologicamente e psicologicamente riconoscibile”
Marinella SAVINO (1965), AMORE IN NERO
“per la potenza con cui coinvolge il lettore nella passione incestuosa tra un fratello e una sorella, al di fuori di ogni moralistica riserva”
Nicola ZUCCHI (1976), FLAMENCA
“per l’originalità della trama e l’atmosfera ‘post’ di un gotico urbano di gusto moderno”
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