Il calcio d’inizio
Da giorni si parlava della partita. C’erano già stati disordini l’anno prima a Belgrado e la paura che la recente elezione di Tudjman avesse ulteriormente scaldato gli animi era davvero tanta. Non mi interessavo allora di politica e non sospettavo ancora che saremmo stati tutti costretti ad interessarcene di lì a poco. Cresciuta dopo la morte di Tito, la mia generazione era di gran lunga più interessata alla separazione dei Police che a quella della Repubblica Jugoslava. Federazione, confederazione….parole molto molto lontane dai nostri pensieri. Oggi mi viene in mente quel giorno perché fu quello in cui iniziò la mia presa di coscienza di ciò che stava realmente succedendo nel mio paese. Forse non lo capii in maniera consapevole, ma sentii chiaramente che qualcosa era ormai irrimediabilmente cambiato. Ricordo Boban con indosso la maglia della Dinamo Zagabria, girarsi, alzare la testa, prendere la rincorsa e saltare davanti al poliziotto colpendolo con un calcio sul viso. Di tutti i disordini che ebbero luogo quel giorno, dei celerini vestiti in tenuta anti sommossa, dei feriti stesi a terra, di tutto ciò io ricordo solo Boban e il suo calcio al volo. Mi sono spesso domandato se Boban fosse cosciente delle conseguenze del suo gesto, se si rendesse conto di quello che avrebbe significato. Probabilmente no. Quel calcio, trasmesso e ritrasmesso in televisione, avrebbe finito per prendere una vita propria, per diventare qualcosa di esterno all’autore stesso. Quel calcio imponeva che prendessimo una posizione, a quel calcio non si poteva rimanere indifferenti. Boban in quel momento diventava paladino della nazione croata, la decisione era tra stare dalla parte di Boban o dalla parte del poliziotto; decidere, come diceva Tujman, se la Croazia aveva davvero ragione di esistere o se, come già urlava Milosevic, la vecchia Jugoslavia dovesse andare avanti così com’ era.
Visita il nostro canale Youtube
Visita la nostra pagina Facebook
Visita la nostra pagina Twitter
Visita il nostro profilo Instagram