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FINALISTI IN DIRITTURA DI ARRIVO (E NON SOLO…)

mercoledì, 11 Settembre 2019

Anche quest’anno possiamo dirci soddisfatti. Il Premio Calvino vede una sempre crescente partecipazione ed è con piacere quindi che annunciamo che ben otto finalisti su otto della XXXII edizione (2019) hanno trovato un editore:


Carmela Barbarino pubblicherà La dragunera con Il Saggiatore

Francesco Bolognesi pubblicherà L’ultima partita con 66thand2nd

Stefano Etzi pubblicherà Tante piccole cose con Dalia

Daniela Gambaro pubblicherà Dieci storie quasi vere con Nutrimenti

Cristina Gregorin pubblicherà L’ultima testimone con Garzanti

Sergio La Chiusa pubblicherà I Pellicani con Miraggi

Laura Lanza pubblicherà Ciccina con Guanda-Astoria

Gennaro Serio pubblicherà L’attività letteraria a Gibilterra nel secolo XXI con L’Orma

Ringraziamo tutti i giurati, i lettori, gli editor e gli agenti letterari che si sono impegnati insieme a noi, e che contribuiscono a rendere il Premio Calvino un reale punto di riferimento per gli scrittori esordienti.

Inoltre, troveremo in libreria nei prossimi mesi l’esordio di due finalisti della XXVIII edizione:

Veronica Galletta, Le isole di Norman, Gaffi

Federico Muzzu, Condizioni di frattura col titolo Invece che uno, Arkadia

Nel corso del 2019 molti finalisti degli ultimi anni hanno proseguito nel loro percorso, pubblicando con alcuni dei più importanti e interessanti marchi editoriali.

Simona Baldelli, Vicolo dell’Immaginario, Sellerio (finalista XXV ed.)

Antonio G. Bortoluzzi, Come si fanno le cose, Marsilio (finalista XXI e XXIII ed.)

Riccardo Gazzaniga, Colpo su colpo, Rizzoli (vincitore XXV ed.)

Eugenio Giudici, Il sarto di Crema, Castelvecchi (finalista XXV ed.)

Giovanni Greco, L’evidenza, Castelvecchi (vincitore XXIV ed.) e la nuova edizione di L’ultima madre (Nutrimenti)

Giovanni Montanaro, Le ultime lezioni, Feltrinelli (finalista XIX ed.)

Eugenio Raspi, Tuttofumo, Baldini+Castoldi (finalista XXIX ed.)

Simona Rondolini, Gli alberi strani, Elliot (finalista XXVI ed.)

Samuela Salvotti, Senza sensi di colpa, Castelvecchi (vincitore IX ed.)

Giacomo Verri, Un altro candore, Nutrimenti (finalista XXIV ed.)

Pierpaolo Vettori, La notte dei bambini cometa, Bompiani (nuova edizione, finalista XXIII e XXIV ed.)

Infine, concludiamo con il debutto di alcuni autori segnalati dal Comitato di Lettura:

Alberto Albertini, La classe avversa, Hacca (testo segnalato nella XXXI e XXXII ed. col titolo Non è più il mio circo)

Daniele Antonietti, Nerd, Besa Muci (testo segnalato nella XXXI ed.)

Gianluigi Bruni, Luce del Nord, Rubbettino (testo segnalato nella XXXII ed.)

Piergianni Curti, Quando i padri camminavano nel vuoto, Miraggi (autore segnalato nella XXIX ed.)

Michela Fregona, La classe degli altri, Apogeo Editore (testo segnalato nella XXIX edizione)

Federico Longo, Il futuro era ieri, Ensemble (autore segnalato nella XXVII ed. con il testo Tutte le strade, La Tana del bianconiglio) e A ruota libera. Diario di un ciclista urbano, Ultra

Alfredo Palomba, Teorie della comprensione profonda delle cose, Wojtek (testo segnalato nella XXX ed.)

Verde & Oriani, Tutta la vita dietro un dito, Salani (testo segnalato nella XXXI ed.)

Elia Zordan, Quattro passi, un respiro, Biplane edizioni (testo segnalato nella XXXII ed.)

Le Opere Segnalate dal Comitato di lettura della XXXII edizione

venerdì, 5 Luglio 2019

Alberto ALBERTINI (1966), Non è più il mio circo

→ “per la rinnovata stesura del romanzo in cui si declinano le conflittuali aspirazioni manageriali e letterarie del protagonista sullo sfondo delle modificazioni avvenute nel mondo aziendale”

Bruno ALESSANDRO (1959), Titerama

→ “per l’efficace commistione di azione e complessità scientifica in una vicenda che da oggi si proietta in un futuro non troppo lontano, tra lotte di potere, astrofisica e spiritualità tibetana”

Giorgio BALDISSERRI (1961), Orient

→ “per la perfetta antropologia di una cooperativa di tipografi emiliani tra anni Settanta e inizio del nuovo millennio, scritta con lingua di precisione chirurgica, tutta cose, spruzzata di misurate e ironiche accensioni”

Silvia BRIZIO (1953), Non sei tu  

→ “per il tentativo di scavare con lingua serrata nell’illusione di tanti genitori odierni di aver creato un privilegiato rapporto di comprensione con i propri figli, che invece sfuggono, e talora con scelte estreme”

Gianluigi BRUNI (1954), Luce del Nord  

→ “per l’abilità descrittiva e l’autentica partecipazione con cui si rappresenta un microcosmo romano di inutili al mondo, a ciascuno dei quali si sa dare voce propria, non senza notevoli rese espressive”

Pietro CAZZANIGA (1973), Gli ultimi giorni del capitano Parat 

→ “per la levità di tocco nel tratteggiare un episodio d’invenzione, dalle soffuse venature esistenziali, ai tempi della persecuzione dei valdesi nelle valli del Piemonte per mano delle truppe del re Sole”

Silvana L. CONVERTINI (1963), Istruzioni per il sosia

→ “per l’inventività dell’escamotage narrativo ‒ un uomo stanco e disilluso prima di abbandonare la famiglia progetta di individuare un proprio sostituto ‒ e per la ricchezza dell’analisi psicologica che lo innerva”

Andrea FONTANA (1974), Il soccorritore

→ “per la sottilmente ambigua anatomia di un miracolo dall’incerta consistenza e dei suoi riverberi sull’esistenza di un laico”    

Loretta FRANCESCHIN (1951), Bella e di lunghi capelli 

→ “per la grande finezza psicologica e di scrittura e per l’intensità con cui si rievoca l’evento di un suicidio adolescenziale in una costellazione famigliare di media borghesia virtuosa”

Alessandra GUARNERO (1968), Un uomo pericoloso (G. R. Lanza: alla ricerca di un artista)  

→ “per la scrittura sobria e precisa e per l’acribia analitica con cui si indaga su un artista finito nella deriva della memoria, del quale rimangono sparsi ricordi, documenti ed oggetti”

Ciro LENTI (1963), Il volo della talpa   

 → “per la vivezza di lingua, la godibilità e l’originalità di una costruzione narrativa in cui il protagonista incompetente della vita diventerà ironicamente uno che dei fallimenti degli altri riuscirà a vivere”

Flavio MENARDI NOGUERA (1953), Narbona  

→ “per la scrittura calibrata, soffusa di contenuta malinconia, con cui si sviluppa il tema dell’abbandono degli antichi borghi, in un susseguirsi di episodi inanellati a formare un eccellente quadro d’insieme”

Pierpaolo MOSCATELLO (1995), Così piccolo da scomparire

→ “per l’umanità e la capacità immaginativa che pervade una delicata trama di amicizia tra un ragazzo obeso e una ragazza senza voce, in un’atmosfera fuori del tempo dalle sfumature surreali”  

Enrico RENZI (1969), La tomba Pascucci  

→ “per l’energia affabulatoria e di lingua con cui si affresca la rocambolesca storia ‒ una sorta di epica in chiave minore ‒ dei fratelli Pascucci, tombaroli di vecchia tradizione nella misteriosa terra etrusca”

Roberto RISSO (1978), L’ultima torre

→ “per la rara capacità visionaria e la precisione di scrittura con cui si descrivono la difficile e drammatica sopravvivenza in una Torino postuma, devastata ormai senza remissione, e i suoi variegati protagonisti”

Carlo RUSSO (1956), La trovatura del Santuario della Beata Vergine Addolorata

→ “per il passo disteso, la cifra umoristica e l’incanto con cui si racconta un paradossale episodio di devozione e di micropotere nell’eterna provincia siciliana”

Nicoletta SALOMON (1967), Tredici anni  

→ “per la nitidezza di scrittura con cui si dà voce alla prospettiva sulla vita, alle emozioni e agli affetti di una giovanissima adolescente”                     

Claudio UGUCCIONI (1959), La verità sospesa  

→ “per l’avvincente talento e la competenza con cui si dipana una vicenda, dalle tinte gialle, in cui il glorioso passato scientifico gesuitico riemerge con forza nel presente”

Ruben TRASATTI (1992), I figli degli ignoti

→ “per il tentativo, pur ancora acerbo, di fondere in un’ossessiva visuale ‒ sulla campitura di un futuribile e impietoso conflitto planetario e di un universo ormai fuori sesto ‒ il tema identitario e il tema della morte” 

Roberto ZAMBON (1985), Vero cuoio   

→ “per l’efficace mimesi con cui vi si raffigura il mondo del rugby con i suoi riti e i suoi miti, con le sue pratiche e i suoi diversi tipi umani e con la sua estrema rudezza di linguaggio”

Si segnalano poi i racconti

Amour di Loris RIGHETTO (1979)

→ “per il singolare triangolo tra un adolescente, una pornodiva virtuale e una commessa, schizzato da una enigmatica voce narrante nella cornice di un sex shop”

L’alternativa del cavaliere di Alberto GENOVESE (1955)

→ “per la qualità linguistica, l’ironia maliziosa e la vaga malinconia con cui si indaga sull’origine del detto siciliano o futtiri o vasari

Il vincitore e le menzioni della XXXII edizione

martedì, 28 Maggio 2019

Torino, 28 maggio 2019

PREMIO ITALO CALVINO

32a EDIZIONE – COMUNICATO DELLA GIURIA

     La Giuria decide di assegnare il Premio a L’attività letteraria a Gibilterra nel secolo XXI di Gennaro Serio per il coraggioso esperimento metaletterario condotto nel testo con lingua poliedrica, sulla scia dei modelli cosmopoliti di Vila-Matas e Bolaño. Un giallo sofisticato dal gusto ironico e parodistico che vede i protagonisti in viaggio per l’Europa dei luoghi di culto della scrittura terminando nella Gibilterra dell’immortale Molly Bloom.

    Una menzione speciale della Giuria va a L’ultima testimone di Cristina Gregorin per la capacità di affrontare in modo obiettivo ed empatico la scabrosa pagina della storia italiana che ha per protagoniste Trieste e l’Istria fra guerra e dopoguerra, tra conflitti etnici e politici in un complesso quadro internazionale. L’agire ambiguo dei personaggi gioca a favore della trama e della suspense ponendo in risalto il tema della moralità dell’azione.

    Una seconda menzione speciale della Giuria va a Dieci storie quasi vere di Daniela Gambaro, una raccolta di racconti che ha come filo rosso il femminile nei suoi aspetti di oscurità, di mancanza, di desiderio, particolarmente incentrata sul tema della maternità variamente declinato e delineato. Punto di forza del testo una scrittura consapevole, attenta al dettaglio e rivelativa di un buon controllo sui meccanismi emotivi e narrativi.

La Giuria:
Peppe Fiore
Giuseppe Lupo
Rossella Milone
Davide Orecchio
Sandra Petrignani


MENZIONE SPECIALE TRECCANI

La Menzione Speciale Treccani 2019 è stata attribuita al romanzo

I Pellicani di Sergio La Chiusa.

Motivazione
I Pellicani accoglie all’interno di un testo agile e compatto e per mezzo di una scrittura piana e puntuale in perenne equilibrio tra analisi e ironia, gli stilemi del contemporaneo e li fa suoi in maniera assolutamente originale. La lingua avvolge con sapienza una dinamica post metropolitana, in cui solitudine, angoscia e tensione divengono i colori esatti di una scrittura consapevole che agendo in levare delinea i contorni di un’emotività singolare e al tempo stesso plurale.


MENZIONE SPECIALE DEL DIRETTIVO

XXXII EDIZIONE

Il Direttivo del Premio Italo Calvino assegna una Menzione speciale a Sildenepro, il fantasista ribelle di Roberto Peretto, testo che, con scrittura impervia e drammaticamente emotiva, riscrive, in chiave privata, la storia sociale e antropologica italiana dell’ultimo cinquantennio, rivelando un’intelligenza agguerrita e implacabile, innestata su un sentire profondamente umano e solidale. Con tale riconoscimento si vuole anche segnalare l’ostinato impegno ‒ senza compromessi ‒ dell’autore nella scrittura.

Incipit finalisti del concorso Ogni desiderio

martedì, 21 Maggio 2019

SONIA AGGIO

NELLA SERA D’INVERNO

Dietro i vetri, nella sera d’inverno, probabilmente noi rimarremo muti,
io perdendomi nelle favole morte, tu in altre cure a me ignote.
Dino Buzzati


Agnese ha la gonna raccolta nel pugno, il secchio stretto contro il fianco. Nel secchio, giuggiole verdi e rossastre.

Si lascia alle spalle il frutteto, attraversa il giardino all’italiana, prende il sentiero ombroso che porta alla villa. Quando si accorge dell’ospite apre la mano, la gonna le ricade sulle caviglie. Fruga nel secchio.

«Buonasera! Vuole assaggiare?» esclama. Tende la mano. L’ospite batte i tacchi, poi si piega verso di lei, intercetta un raggio di sole. Lei ammutolisce.

Il suo sguardo si impiglia nelle piccole cose: il frustino appeso al polso, un bottone dorato, il colletto aperto, la gola nuda, il battito lieve di una vena.Il maggiore Francesco Baracca guarda la giuggiola, la prende tra pollice e indice, la chiude nel pugno. Il guanto di cuoio manda un gemito.

È la tarda estate del 1917.


FRANCESCA COLAO

LA GIOSTRA

Ogni desiderio appartiene a un dio primigenio che si fa beffe degli uomini che si fa beffe di me. Tiro uno sputo nel secchio, e se lo becco, esprimo un desiderio. Un desiderio non si dice. Lancio un nocciolo di oliva nel secchio e, se lo becco, esprimo un desiderio. Ogni desiderio è un segreto. Se lo dici non s’avvera. Uso un torsolo di mela, un giornale accartocciato, all’occorrenza anche una lattina. Lungo il tragitto per andare al lavoro conosco la collocazione di tutti i secchi della spazzatura angolo per angolo, strada per strada. Interrogo i cassonetti come fossero sfere di cristallo. Se faccio centro, avverto un brivido che getta luce sul mio futuro. Annoto sempre i risultati sul mio taccuino e a fine mese costruisco un grafico. 

Mi concedo solo tre lanci per il responso. Tre canestri: giornata buona. Due canestri: così così. Un canestro: fare attenzione. Zero canestri: pericolo.

L’ultima settimana di febbraio non avevo azzeccato un tiro. Sette giorni su sette: pericolo.


FRANCESCO COZZOLINO

IL CIMITERO DI VILLA CEREZA

Il dottor Antonio da Silva si tolse gli occhiali, fece un’orecchia sulla pagina alla quale era arrivato e chiuse Il moto perpetuo. Guardò la tavola imbandita: era il servizio comprato in Olanda, doveva ancora avere i certificati di garanzia nel cassetto alto dello scrittoio. Se ci fosse ancora uno scrittoio, non ne aveva idea. Aveva lasciato Amsterdam nel novecentotrentotto e non era più tornato. Quando si decise per l’Argentina volle portarsi tutto dietro. L’orologio segnava le dieci e un quarto, decise che era ora: prese un lembo della tovaglia e lo spinse verso il centro della tavola; quindi fece lo stesso con gli altri tre lembi. Li strinse in pugno e salì in piedi sulla seggiola. La tovaglia si gonfiò fino a formare un fagotto e piatti e bicchieri si accumularono rumorosamente sul fondo. Il braccio si tese, diede uno strattone e il fagotto imprigionò le stoviglie. Infine, con una rotazione del busto se lo mise in spalla e allungò il piede nel vuoto.


VALERIA GARGIULLO

NOCCIOLINE

Stavo per scolare la pasta quando sul telefono è comparso un numero sconosciuto. Non sapevo chi cavolo chiamasse a quell’ora. Per un attimo ho creduto che fosse Fabio, ma se n’è andato. Di questo è stato chiaro. Ha ficcato le sue cose in un borsone e tanti saluti. S’è portato via pure le lamette nuove e un tubo di dentifricio. Alex mi chiede dov’è suo padre, e ogni volta gli rispondo con una bugia diversa.

Ho asciugato le mani sui jeans e ho preso il telefono. «Sta cercando ancora?», ha detto la voce alla cornetta.
Era una donna. Ho trattenuto la delusione in bocca.
«Mi sente?».
Ho risposto di sì.
«Allora cerca?».
Accidenti, certo che cercavo ancora. Manco avevo iniziato a fare i colloqui.

Quella s’è messa a raccontarmi che ha accudito bambini dai tre ai sei anni, e che ha ottime referenze. Io volevo solo chiudere la chiamata, e scolare la pasta.

«Può venire domani», l’ho buttata là.

D’un tratto la sua voce s’è fatta seria. «Deve sapere una cosa», ha fatto una pausa. «Sono nera».


MARIACHIARA LOBEFARO

EX NOVO

Una donna di classe: ho espletato tutte le procedure per potermi definire così. Al ristorante non mi getto sul cestino del pane, detesto le borse dai manici in plastica, i miei capelli non sono tinti, sono tonalizzati: sono più sottili e numerosi di quando ero un uomo, e il mio parrucchiere insiste per dei riflessi rossi che – credo – mi stanno piuttosto bene. Dico “credo” perché da tempo non ho più una visione d’insieme del mio viso. La mia faccia negli anni è stata tante cose, ma soprattutto è stata un campo di battaglia: aborrita, violata e infine mondata, resa conforme all’ingenua fede nel concetto di decenza. Ogni centimetro di questo viso mi è costato a tal punto (in termini sia personali che economici; e non sono mai stata una persona avara) da essere un microcosmo compiuto. Tra naso e bocca c’è la stessa distanza che tra Melbourne e il Camerun. La mia fronte, spaziosa il giusto, in realtà è atterrata senza far rumore da un pianeta lontano. L’avresti mai detto?


MARILENA LUCENTE

UN BACIO

Slacciava spaghi e fettucce come avrebbe saputo fare con i cordini dei corpetti. Quel modo di sciogliere i nodi, di sfilare i nastri, quasi le turbava. Erano pensieri sconosciuti, che si mostravano con un tremito. E dopo, quando la carta velina cadeva sul tavolo, incominciavano a venir fuori lenzuola, asciugamani, federe. Sembravano volare. Fino a quando Stefano Trabucco, commerciante ambulante di corredi da sposa, non li appoggiava sul braccio. Voli brevi, come l’ala di un angelo. Era per via delle mani: lunghe e curate che sembrano fatte per suonare. Anche la sua voce era diversa, sapeva di musica lontana, quando parlava di mussolina, pelle d’uovo, lino. Tutto era così bianco, con qualche sfumatura crema e avorio. “Dio come sono belle le lenzuola”, pensavano le donne sedute intorno al tavolo con le gambe incrociate che spingevano sotto la sedia. Ma qualcuna in cuor suo diceva: “Dio quant’è bello lui”. Frasi così andavano zittite subito. Dovevano comprare lenzuola per il matrimonio. E scacciare i pensieri che sapevano di peccato.


CLAUDIO MAGLIULO

NOI SIAMO IL VILLAGGIO IN CAMMINO

Ho sabbia nelle narici, nelle orecchie, sotto le unghie. Penso di avere sabbia anche nei polmoni e forse continuerò a sognare ogni notte il deserto e a svegliarmi per sempre in un letto di sabbia, con una duna per cuscino e le ossa che urlano dal freddo.
Mio fratello Germain, ci sei anche tu qui alle soglie d’Europa?

A Bruxelles! A Bruxelles!
Sono una freccia lanciata sul pelo dell’acqua e non mi guardo indietro, fratello.
Siamo in tanti, troppi. Le nostre facce nere nella notte nera sono solo altre porzioni di buio. La luce ci dissolverà all’alba. Preghiere e pianti di infanti, i ragazzi che chiamano maman sottovoce, tutto galleggia, o sprofonda.

Questa è la notte, Germain. Aspettiamo solo il tramonto per imbarcarci.
Il Mediterraneo è immobile e calmo come il cuore dell’uomo saggio, e adesso che sono alla fine di tutto, di questo sogno diventato incubo che chiamiamo Africa, e casa, sento che potrei trasformarmi in un cespuglio e lasciare che il vento mi passi attraverso senza portarmi via.


LORENZO MOSCARDINI

DI LÀ DAL MURO

Tommaso sapeva che i soldati austriaci erano schierati dall’altro lato del muro. Era forse l’unico sopravvissuto del suo battaglione e da ore e ore se ne stava immobile con la schiena appoggiata al solo muro rimasto in piedi di tutto il villaggio. Intorno a lui solo macerie, teste dilaniate e braccia senza vita che affioravano dalle montagne di calcinacci. Il sangue continuava a colare in terra, goccia dopo goccia, come se non dovesse fermarsi mai. Ogni tanto Tommaso sentiva delle voci di là dal muro, parole straniere che gli sembravano tutte uguali. Se ne stava lì, immobile, ad ascoltare il suo respiro. Non poteva muoversi, né tantomeno sporgersi da quel muro. Poteva solo aspettare, ancora.

Il sole cominciava a tramontare e i tenui raggi rossastri illuminavano ciò che rimaneva del paese mutilato. Vorrei dell’acqua, pensava tra sé e sé. Mi basterebbe un sorso d’acqua, anche solo un sorso, per bagnarmi la gola…


ALBERTO RAVASIO

LA TRANSESSUALIZZAZIONE FORZATA DI GUGLIELMO SPUTACCHIERA

(ovvero, Come imparai a non preoccuparmi e ad essere Pamela Anderson)

La donna-oggetto creata da sarti, acconciatori ecc., che ha come caratteristica il turgore delle forme (seni eretti, glutei sodi e così via), altro non è se non un fallo travestito da donna, o meglio una donna travestita da fallo.
Mario Mieli, Elementi di critica omosessuale

Una mattina di palta, Guglielmo Sputacchiera si svegliò col muso mollemente adagiato in un bel paio di tette: le sue. In cinque ore di sonno inquieto, gli erano sbocciate due zucche mammarie, obese e tese, identiche a quelle del suo oggetto del desiderio: la bagnina canotto Pamela Anderson. Ora non solo le possedeva, ma loro possedevano lui, in un tutt’uno simbiotico.

Da buon impiegato reificato, il suo primo pensiero non andò alle tette in sé, ma all’accoglienza che queste avrebbero ricevuto in ufficio, soprattutto dal Megacapo e dalla collegaglia. Fosse stato più coraggioso, o più veterocomunista, se ne sarebbe rimasto a casa, a sgonfiarsi i materassini, saltandoci sopra. Ma per un impiegato reificato come lui l’apparizione delle tette non era una ragione sufficiente per saltare un giorno di lavoro, anche perché, avendo un contratto capestro che scadeva ogni mezz’ora, se non si fosse presentato in ufficio alle otto, lo avrebbero cacciato, e sostituito con un robot, o con una pianta di cactus.

I finalisti della XXXII edizione

giovedì, 16 Maggio 2019

Il Comitato di Lettura del Premio Italo Calvino ha scelto, tra i 724 manoscritti partecipanti al bando, le opere finaliste da sottoporre al giudizio della Giuria della XXXII edizione, composta da Peppe Fiore, Giuseppe Lupo, Rossella Milone, Davide Orecchio, Sandra Petrignani.

Gli otto testi tra i quali i Giurati decreteranno il vincitore e le menzioni speciali sono:

La dragunera di Carmela Barbarino

L’ultima partita di Francesco Bolognesi

Tante piccole cose di Stefano Etzi

Dieci storie quasi vere di Daniela Gambaro

L’ultima testimone di Cristina Gregorin

I Pellicani di Sergio La Chiusa

Ciccina di Laura Lanza

L’attività letteraria a Gibilterra nel secolo XXI di Gennaro Serio

Verranno inoltre assegnate due altre menzioni: una “speciale menzione Treccani”, che l’Istituto della Enciclopedia Italiana attribuirà a un’opera che si distingua per originalità linguistica e creatività espressiva, e una “speciale menzione del Direttivo”, che il Direttivo del Premio Italo Calvino (composto da Franca Cavagnoli, Anna Chiarloni, Mario Marchetti, Laura Mollea, Carla Sacchi) attribuirà a un’opera particolarmente meritevole sotto il profilo sperimentale.

La Cerimonia di Premiazione si svolgerà, alla presenza dei Giurati, martedì 28 maggio 2019 al Circolo dei lettori di Torino, a partire dalle ore 17.30.