38° Edizione

Segnalati XXXVIII – Nota a margine

martedì, 16 Settembre 2025


Ed eccoci a fare un primo punto sul corpus di testi che ci è pervenuto, con un occhio di riguardo ai segnalati.
Il lungo processo che ci porta a definire la lista dei segnalati l’abbiamo già illustrato nella nota che accompagnava gli eletti della XXXVI edizione (e a quella rimandiamo per non ripeterci) ma che è utile ricordare per spiegare come mai non sia facile, per non dire come non sia possibile, in base alla nostra etica di lavoro e ai nostri criteri, uscire con maggior anticipo con il sospirato – dai concorrenti – elenco. Aggiungiamo, per chi voglia ripresentarsi, che è meglio non precipitarsi a reiscriversi con interventi affrettati sui propri manoscritti e riflettere con calma sulle osservazioni ricevute. È importante far sedimentare le cose. E chiedere magari anche consiglio altrove.Ma veniamo ai temi che sono emersi come più battuti dagli autori o più interessanti dal nostro punto di vista. Non ci soffermeremo su stili e scritture, aspetti che richiedono spazio e attenzione puntuale ai testi, ma su questo i concorrenti troveranno indicazioni nei giudizi ricevuti.
Quale quadro si delinea? È ormai senso comune critico che lo sguardo di chi scrive si sia oggi come concentrato – ristretto? – su tutto ciò che concerne la sua esperienza e il suo orizzonte immediati, e sotto questo profilo il Premio Calvino non fa eccezione. Come molla di partenza sembra dover esserci un’emozione soggettiva, un coinvolgimento personale. Certo tra ‘ristretto’ e ‘concentrato’ c’è una diversità di valutazione: dire ‘ristretto’ di per sé implica una diminutio, ma dicendo ‘concentrato’ cosa si vuole significare? In tal caso, forse, la narrazione col suo fascio di luce, più o meno consapevolmente, tende a illuminare qualcosa di a lungo rimosso o sottaciuto o in passato addirittura non percepito, e tende a parlarne direttamente, senza mediazioni (l’allusività alla Woolf non pare essere più di casa): pensiamo, per fare qualche esempio, alla maternità oggi sentita come fatto problematico, corporeo, esistenziale, non scontato; alle attrazioni e alle relazioni non binarie femminili (il desiderio maschile non binario è da tempo oggetto di narrazioni) non più presentate sotto la veste mistificata dell’amicizia (come Premio è solo dagli ultimi anni che ci arrivano, e sempre più numerosi, testi su questo tema: l’omosessualità appariva monopolio maschile), e lo stesso si può dire per l’autoerotismo (anch’esso monopolio narrativo maschile fin dal Lamento di Portnoy, per non risalire a Rousseau); pensiamo ancora all’abuso in famiglia, anche questo ormai diventato un topos, e a giudicare dai testi un fenomeno endemico, prima forse negato anche a se stesse o a se stessi; o ancora al disagio di vivere che si trasforma senza indugio in odio e rancore generando una narrativa del risentimento connotata da un linguaggio violento che rifiuta l’inibizione espressiva: questo, va detto, riguarda fondamentalmente, se non unicamente, il côté maschile della scrittura. Di tutto questo (ma non solo) c’è testimonianza nel nostro corpus complessivo di testi come nei testi segnalati. Si tratta di temi delicati che richiedono approfondimenti, sfumature, analisi, in particolare sul perché del loro proliferare: intervengono sicuramente tanti fattori nel fenomeno, di moda, imitazione, editoriali, mediatici. Resta il fatto della loro invasiva o rivelativa presenza.
Ma c’è dell’altro. C’è anche la genitorialità, vista dall’occhio maschile. C’è il campus novel, territorio in cui la riflessione femminile ha imposto la sua prospettiva. La seduttività rischiosa e ambigua dell’intelligenza artificiale. C’è la malattia invalidante sul piano fisico o cognitivo (bisogna dire onnipresente nel corpus complessivo) a scompigliare o a ridefinire i rapporti famigliari. Ci sono gli ambivalenti rapporti padre/figlio, madre/figlia, e le esclusive sequenze matrilineari. Non mancano, tuttavia, e non potevano mancare le Bradamanti e i cavalieri solitari che seguono la loro strada singolare, occupandosi magari (e qui gli ammicchi vanno ai segnalati) di epiche locali o di leggende metropolitane o scrivendo un contromemoriale di Sant’Elena. Ma non modificano il quadro generale. Come c’è ancora qualcuno che cerca di galvanizzare la narratività politica con un sagace e ludico riuso dei tasselli del passato, una rianimazione peraltro ormai quasi impossibile.
Su tutto quanto è qui accennato o alluso cercheremo in qualche modo di tornare e nel frattempo auguriamo ai nostri autori, in particolare ai loro libri, buona fortuna.


ELENCO DEI SEGNALATI

Riccardo CASTELLI (1974, RA), Nessuno fa niente
“Un thriller con tutti i crismi bravamente ambientato nell’Aspromonte delle ndrine ma anche dei testimoni di giustizia, non senza una scorribanda nell’Afghanistan delle missioni Nato”

Guido CASTELLOZZI (1991, BG), MAB 38
“Diario tossico della giornata di un narratore inaffidabile, un operaio della bassa bergamasca. Perfetto, a suo modo, romanzo del risentimento dall’espressività informale e turpiloquente che calamita il lettore”

Pietro CAVIGLIA (1990, SV), Odiatori
“Una voce narrante esemplare, a partire dalle scelte lessicali, ci porta nella manosphere, il mondo della mascolinità rancorosa online: un’azzardosa incursione in una realtà letterariamente ancora poco detta”

Stefano CIAPONI (1990, SO), L’imbecille di Sant’Elena
“Immaginaria versione speculare del memoriale di Las Cases per l’ironica mano di Napoleone: un raffinato divertissement, godibile sia per la vicenda narrata che per l’elegante scrittura”

Carlo CRIVELLI (1987, CN), Racconti sulla duna
“Dieci racconti fortemente ironici, che giocano con l’assurdo e il grottesco – tra balconi attira-cadaveri e gay nell’armadio – il cui punto di forza è una lingua dalla sintassi fluida e dal ritmo incalzante”

Nettina DI MINNO (1943, AV), La Greceide
“Straordinaria epica di un borgo di antica ascendenza albanese, Greci, condotta con gioioso e anarchico sguardo antropologico, dove si parla di lingua, favole, giochi e cibo inneggiando al femminile”

Enrica DUCHI (1973, RM), La vita distante
“I piani della realtà, dei ricordi e dell’immaginazione si mescolano in una struggente narrazione sull’invecchiamento in cui fluttuano i profili di un anziano sceneggiatore e di una bambina migrante”

Francesco DI GANGI (1967, PA) e Salvatore SATTA (1966, SS), La formula di Fermi
“I nazifascisti hanno vinto la guerra. Nel 1972 a Roma si prepara un attentato contro il regime in un quadro animato da vite-varianti di personaggi reali della scena italiana dell’epoca in un ingegnoso riuso”

Fabio FANARA (1966, ME), Tutto quello che è stato. Un diario
“Straziante crisi di un padre che scopre di non conoscere la propria figlia scomparsa durante il sequestro Moro: un romanzo che mescola sagacemente dramma pubblico e dramma privato”

Marta FORNASIERO (1980, PD), Atelier
“Quattro artisti sono ospiti in una villa palladiana per produrre un’opera che connetta l’arte alla giustizia ecologica: il gioco è condotto con sicura competenza botanica e artistica oltre che con originalità di stile”

Roberto GERACE (1991, ME), La diagnosi
“In scena le avventure erotico-filosofiche di una coppia di docenti universitari dediti a defatiganti incontri sessuali durante i quali discutono dottamente dello scibile in un moderno linguaggio disinibito”

Anna GRASSIGLI (1973, BO), Tutto il mondo fuori
“Una madre di fronte alla ruvidezza della figlia adolescente: una diagnosi di leucemia per la ragazza le porterà a convivere per 45 giorni in una stanza d’ospedale dove il loro rapporto evolverà sottilmente”

Letizia GUARINI (1985, MI), Omedetai
“Una donna italiana si trova a dover affrontare la maternità in Giappone. Davanti a sé ha un territorio straniante disseminato di tranelli, il primo, la lingua, di cui scopre la stretta connessione col corpo”

Alessio IEZZI (1985, TE), La tattica dell’orso
“Narrare la genitorialità in chiave maschile e autobiografica è l’inusuale focus di questo garbato romanzo mai sovratono che illumina dall’interno un nucleo famigliare dei nostri tempi”

Ilaria MACERA (1990, FI), La candidata
“Cinque profili di donne alla conquista della roccaforte accademica. Campus novel all’italiana che con scrittura avvertita ci trascina in un mondo che fin da subito si rivela corrotto e immutabilmente patriarcale”

Dino MAGGIONI (1965, BG), La collera fredda
“In un Nordest, scavato nel suo humus, il piccolo Ivan vede il suo fratello-cane senza ragione preso a fucilate dal padre, 44 anni dopo forse capirà la ragione dell’atroce gesto che lo ha per sempre segnato”

Giacomo MICHELETTI (1991, FI), Panterica. Avvistamenti e cronache del grande felide nero
“La leggenda pop dell’avvistamento di pantere in Italia è lo spunto di un’opera intensa e asciutta che sfugge a ogni canone ibridando saggio, cronaca, autofiction e prosa poetica”

Alberto MONTE (1993, UD), Se la disperazione dilaga
“Una biografia disperata immersa in ambienti di scienza e sociali nitidamente tratteggiati con al centro la figura del fisico austriaco Paul Ehrenfest, morto suicida nel 1933 dopo aver sparato al figlio down”

Sara MUGNAINI (1988, FI), Via della Pergola, 17
“Un coinvolgente triangolo elettivo nella Firenze degli anni Ottanta – un fratello, una sorella, un amico affascinato – dove il tema della fluidità erotica e sentimentale viene trattato con estrema naturalezza”

Ignazio OCCHIPINTI (1964, RG), Radionight
“Un thriller dal nostalgico tono retrò, che alterna pagine intimiste a scene crime: al centro un sicario impegnato nel suo ultimo incarico mentre Radionight fa da colonna sonora sull’auto in corsa”

Riccardo PIERALLI (1985, BO), La formula della portanza
“Un sorprendente ingresso nel mondo delle corse automobilistiche in chiave esistenziale. Romanzo di vita, del farsi di una vita à bout de souffle, in un trascinante e convulso susseguirsi di luoghi ed esperienze”

Francesca QUIRI (1979, BS), Due madri
“Tentativo felice di raccontare tutti i modi di essere madre, non soltanto tra donne diverse ma anche all’interno della stessa donna, in una stringente ottica matrilineare in cui la retorica non fa sgambetti”

Mauro RANCAN (1971, Al), Batoobeleen e altri supererrori
“Umorismo puro scatenato, con malinconiche parentesi di vita, in una parodistica trasposizione del linguaggio Marvel in linguaggio narrativo tra un Hitler redivivo, caruggi genovesi ed esperimenti genetici”

Nicoletta SALOMON (1967, BL), Primo anno
“Brioso resoconto di un primo anno alla Normale di Pisa: una acuta disamina di riti, linguaggi, snobismi, regole non dette ma da rispettare rigorosamente se si vuole sopravvivere in quel mondo a parte”

Anita SEGRENTI (1965, MI), L’attesa è la forma adulta del tempo
“Silvia ha subito un abuso da parte di un amico del padre, il topo-lupo. Il romanzo, giocando su parole e silenzi e improntato a grande delicatezza, segue le tappe del percorso che si snoda intorno a questo grumo”

Anna SCHIRRU (1985, SU), Una brutta voglia
“Un pungente occhio di bambina guarda il mondo degli adulti e lo racconta: la famiglia dissestata, la gente e la terra del Sulcis dove si aprono baratri reali e metaforici, dove i defunti non abbandonano i vivi”

Daniela TALLINI (1969, LT), Tanatosi
“Sopravvivere al disagio sottraendosi alle emozioni, questo pare l’obiettivo della protagonista che verrà scalzato dalla comparsa, dove insegna, di una ragazza con la quale instaurerà un duello vivificante”

Carlo ZAMBURLIN (1983, VI), Beta Tester
“In un confortevole mondo non lontano, pervaso di IA, si lancia l’app Dreams on Demand per agevolare il sonno. Toccherà a un giovane e ingenuo nerd scoprire, a sue spese, cosa si cela dietro l’allettante proposta”

Infine un trio di titoli fuori lista. Per ricordare tre temi cruciali della contemporaneità che in essi hanno trovato una voce autentica se non ancora compiutezza letteraria o narrativa:

Luce nel deserto di Nainy Traore (1996, Guinea), per la testimonianza cruda, diretta ed efficace sulla traversata del deserto dei migranti africani e soprattutto sul trattamento a loro riservato in Libia. Uno strumento prezioso in un periodo in cui si vogliono tenere lontani i riflettori da una intollerabile realtà

Paziente zero di Antonino Gianquinto (1961, VE), un testo di non facile lettura che affronta ingegnosamente la questione dell’autorialità in tempi di intelligenza artificiale. Memorabile il processo sulla proprietà dell’opera nata in collaborazione con l’IA

La lezione del silenzio e altri racconti di Umberto Ricci (1932, RA), una raccolta variegata di pezzi dove il nostro più anziano concorrente, in una sorta di stile tardo, si cimenta sul tema del vivere sulla soglia in un’epoca di invecchiamento di massa, almeno in Occidente.