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“Trame interspecie” si è concluso

lunedì, 20 Maggio 2024

Venerdì 10 maggio al Salone del Libro di Torino si è svolto l’incontro di chiusura del call per la narrativa breve indetto per il 2024 dal Premio Calvino. Sono stati presentati i 10 racconti finalisti e si sono annunciati i due vincitori, quello della Giuria (Isabella Ferretti, Orazio Labbate, Andrea Pagliardi e Franco Pezzini), e quello del pubblico che ha potuto votare online sul sito dell’Indice. Il quadro emerso dai finalisti nell’insieme si è rivelato variegato e stimolante. L’incontro è stato preceduto, com’è ormai tradizione, da fruttuosi colloqui di orientamento con gli autori, tenuti dai membri del Direttivo.

La Giuria ha incoronato Polli fritti coi piedi di Pietro Verzina con la seguente motivazione:

La Giuria del Call per la narrativa breve “Trame interspecie” organizzato dal Premio Calvino insieme alla rivista “L’Indice” e al Book Pride, preso atto di una generale buona qualità dei racconti ad essa pervenuti, decide di assegnare il Premio a Polli fritti coi piedi, di Pietro Verzina. Un lucido e paradossale viaggio nell’orrore che, ironizzando amaramente sulle mode imperanti della cucina gourmet ad ogni costo, ci trasporta nel cuore della nostra ipocrisia fino al limite del tabù. In un futuro fin troppo presente, polli e maiali vivi, allevati già cotti e incapaci di provare dolore, offrono mansueti le loro parti migliori agli avventori famelici di ristoranti di lusso che organizzano cene per novelli Trimalcioni. Un’idea folgorante spinta fino alle sue più feroci conseguenze, resa con una prosa chirurgicamente evocativa capace di problematizzare in modo intelligente e non banale i temi centrali della nostra contemporaneità senza mai sfiorare l’apologo, invitando il lettore a riflettere sull’etica del consumo di carne e sulle implicazioni sociali della manipolazione genetica.

Il premio pop è andato invece a Le mie radici della giovane Chiara Sabatini, racconto in cui assistiamo a una barocca vicenda di passaggi da umano a vegetale e da vegetale a umano all’interno di un appartamento cittadino che a poco a poco assume i tratti di un bosco selvatico dove le piante paiono detenere una sorta di supremazia etica e di potere: dall’orchidea-donna, che una volta pienamente trasformata in umana, si farà catturare dallo schermo televisivo prima di essere divorata dai lombrichi, e dal suo connubio con l’uomo-salice nascerà una figlia che si assimilerà al padre ormai albero fronzuto rifiutando il mondo tecnologico e le velleitarie aspirazioni consumistiche materne.

Ringraziamo tutti gli autori per l’entusiasmo con cui hanno partecipato. E ricordiamo ancora che sul numero di giugno dell’Indice comparirà uno Speciale dedicato al tema dell’interspecie, che includerà anche i due racconti vincitori; chi invece volesse leggere i racconti finalisti potrà farlo su questa pagina.

Qui di seguito, il commento del presidente del Premio Mario Marchetti.

I racconti finalisti, selezionati a cura del Direttivo del Premio, attraverso una serie di tappe intermedie a partire dai 913 incipit pervenuti al concorso, hanno saputo sviluppare con una scrittura sempre consapevole e con toni oscillanti nel registro, ma mai estremizzati, una serie di suggestioni germogliate dall’argomento proposto. Sicuramente il tema della metamorfosi nelle sue varie declinazioni è quello che ha più coinvolto: il delicato Il mare arcobaleno dei bambini corallo di Germano Antonucci, pur prendendo spunto dalle mutazioni indotte da un ambiente irreversibilmente sfregiato dall’impronta umana, si chiude con un’inaspettata nota di speranza ‒ i bambini corallo segneranno comunque un nuovo inizio, una nuova nascita di per sé gravida di inedite possibilità come ci ha insegnato la filosofa Hannah Arendt; nel testo vincitore del premio pop, Le mie radici della giovane Chiara Sabatini, assistiamo a una barocca vicenda di passaggi da umano a vegetale e da vegetale a umano all’interno di un appartamento cittadino che a poco a poco assume i tratti di un bosco selvatico dove le piante paiono detenere una sorta di supremazia etica e di potere: dall’orchidea-donna, che una volta pienamente trasformata in umana, si farà catturare dallo schermo televisivo prima di essere divorata dai lombrichi, e dal suo connubio con l’uomo-salice nascerà una figlia che si assimilerà al padre ormai albero fronzuto rifiutando il mondo tecnologico e le velleitarie aspirazioni consumistiche materne; in Memento fiori di Filippo Rossi una situazione di solidarietà esistenziale tra un nonno di matrice contadina e il nipote, uno sradicato dei nostri tempi, dedito un po’ all’alcol, un po’ alle sostanze, s’intreccia in modo struggente con un fenomeno, forse allucinatorio, di trasformazione del vecchio in calicanto, in cui gli eventi del morire e del fiorire si stemperano l’uno nell’altro ‒ anche qui come in Antonucci si intravede un barlume di speranza, ma, diversamente, in una morte vista come tassello di un ciclo di riproduzione e di rigenerazione. A questo punto ci possiamo collegare al pezzo dal medesimo titolo, Rigenerazione di Ernesto Bertolino, in apparenza fuori del coro, ma non invece se si interpreta in senso lato il tema del call che, oltre a mirare a processi metamorfici, intendeva restituire soggettività a ogni altro, umano animale vegetale pietra o cosa; qui, il protagonista, il maliano Mamadou, figlio di una società indigente, sa ridare vita agli oggetti scartati dalla bramosia occidentale facendone riemergere la storia e soprattutto la storia del lavoro in essi compresso e contenuto. Di futuribile ingegneria genetica, ma non solo, ci parlano Michele Ghiotti e Pietro Verzina. Ghiotti, in Carne della mia carne, occhi dei miei occhi, con un’inventiva disposizione grafica mette in scena, all’interno di una clinica stellata, tra aspidistre e musica classica filodiffusa, due esperimenti speculari di ibridazione delle specie: da una parte una scimpanzé destinata a produrre umani, dall’altra una donna a cui viene impiantato il clone del suo amato cagnolino morto, il suo Cal, per farlo rivivere. Le cose non vanno come previsto e alla fine vedremo la scimpanzé fuggire con il bimbo-cagnolino partorito dalla donna: un risarcimento per i tanti neonati che le sono stati sottratti, rifiutando così il ruolo di mera macchina generativa. Analogamente in Polli fritti coi piedi, che si è aggiudicato la palma della giuria, Verzina affronta antifrasticamente, con un tono tra il grottesco e lo scanzonato, la questione delle sofferenze che infliggiamo agli animali non umani ridotti anch’essi a mere macchine, produttive, nel caso, di carne da alimentazione. Nel futuro visionario tratteggiato, la Alive Foods è specializzata in carne cotta viva di cui ci si può nutrire attingendo direttamente alla fonte, ovvero all’animale produttore, senza che esso ne soffra. Le cose si fanno via via più sofisticate in un delirio da gourmet fino ad arrivare a una raffinata antropofagia sempre senza strazio e patimento: un tocco geniale alla Swift. Ci immettiamo in un’originale prospettiva femminista con Femina glucosia di Daniela Tallini: qui le specie in campo sono, da una parte, la donna, appunto glucosia, dall’altra l’homo sapiens, ossia l’uomo patriarcale, nella narrazione una coppia padre-figlia. La figlia, cui è stato impedito di completare gli studi di chimica, perché donna, ed è stata nell’adolescenza presa a cinghiate per i suoi supposti peccati di carne, dopo tanti anni viene chiamata al capezzale del padre diabetico gravemente malato. Certo torna, per prolungarne però, tra vendetta e rivolta, le sofferenze con abili dosaggi di insulina: ma alla fine prevarrà il senso di colpa interiorizzato. Con Scuoiatura di Adriano Russo siamo ancora ai ruoli imposti, per la precisione, di un padre nei confronti del figlio maschio che deve iniziarsi alla pratica virile della violenza e del sangue, cancellando le influenze materne. Tutto avviene nel corso di una angosciosa e spaesante caccia all’uomo. Siamo in un mondo distopico rovesciato dove i lupi sono esseri affini e i cervi creature inquietanti dalle orbite vuote e dove le specie in gioco sono umanoidi scimmieschi ‒ come i protagonisti ‒ e i pochi e impauriti uomini superstiti. L’esperienza iniziatica della scuoiatura umana si rivelerà tanto coinvolgente che il bambino non vedrà l’ora di ripeterla. I due titoli restanti hanno in comune un sottile taglio ironico e come protagonisti degli insetti. In Come sbarazzarsi dei tarli di Stefano Costacurta si dà voce, in una sorta di pseudo saggio erudito con tanto di note, all’ossessione per le larve che vivono nel legno nutrendosene, scavando gallerie e producendo un martellante rumore notturno, tanto più persecutorio se si pensa che l’incubazione dell’insetto adulto prima dello sfarfallamento può durare anni. Il racconto si distingue per una lingua precisa, parodisticamente scientifica, per l’uso controllato ed evocativo di onomatopee e segni grafici e per la sua valenza metaforica. Il tarlo del legno, come si conclude, e com’è noto, è assai difficilmente estirpabile come peraltro ogni nostro tormentoso assillo. Il disturbatore delle mosche di Matteo Fachechi vede all’opera una bizzarra accademia che si riunisce ogni venerdì in una biblioteca per discutere dei massimi sistemi, in particolare ‒ come scoprirà il giovane assunto per tenere lontane dai cinque dotti membri le mosche senza far loro del male ‒ di utopici contratti sociali. Perché trattare con tanta delicatezza le trentaquattro mosche con le quali condividono lo spazio? Si capirà che nel consorzio di questi insetti i sapienti soci vedono, con uno straniante scivolamento simbolico, un’associazione di soggetti liberi, liberati anche dal lavoro per procurarsi il sostentamento, visto che fruiscono delle fatiche altrui. Il solerte giovane disturbatore alla fine sarà avviato a far parte di questa privilegiata comunità facendosi anch’egli mosca tra le mosche, chissà se non tutte ex uomini. Un declassamento o un avanzamento verso l’empireo?

Un quadro nell’insieme stimolante e variegato e di questo ringraziamo gli autori.

Call per racconti – Sesta edizione: racconti finalisti

mercoledì, 17 Aprile 2024

Il call “Trame interspecie” organizzato dal Premio Calvino insieme alla rivista L’Indice e al Book Pride di Milano si avvicina alla conclusione. Avremo due racconti vincitori: uno decretato dalla giuria tecnica composta da Isabella Ferretti (presidente del Book Pride), Orazio Labbate (scrittore), Andrea Pagliardi (direttore editoriale dell’Indice) e Franco Pezzini (saggista); un altro dal voto dei lettori dell’Indice (è possibile votare da mercoledì 17 aprile a venerdì 26 aprile sul sito dell’Indice). Entrambi saranno pubblicati su uno speciale dedicato al fantastico che uscirà col numero di giugno della rivista, arricchito da interventi generali sul tema e da un ventaglio di recensioni di testi letterariamente significativi.

La premiazione si terrà venerdì 10 maggio 2024 al Salone del Libro di Torino alle ore 19.30 presso la sala Madrid (Centro Congressi). A essa, cui saranno presenti i giurati e le autrici e gli autori dei dieci racconti finalisti, sono invitate a partecipare tutte le persone curiose e interessate, in particolare coloro che si sono messi o messe in gioco nel concorso e hanno visto il proprio incipit tra i 36 selezionati.

La partecipazione è stata ancora una volta ampia: 913 sono stati gli incipit pervenuti. Le declinazioni del tema proposto sviluppate nei racconti, o alluse negli incipit, sono state molte e variegate. Ne parleremo sull’Indice e al Salone del Libro.

Ringraziamo davvero tutte e tutti i concorrenti per il loro contributo e per l’impegno profuso nell’immaginare storie radicate nella sensibilità dei nostri tempi per l’altro da noi.

I DIECI FINALISTI

  • ANTONUCCI Germano (1975), Il mare arcobaleno dei bambini corallo
  • BERTOLINO Ernesto (1972), Rigenerazione
  • COSTACURTA Stefano (1978), Come sbarazzarsi dei tarli 
  • FACHECHI Matteo (1993), Il disturbatore di mosche
  • GHIOTTI Michele (1989), Carne della mia carne, occhi dei miei occhi
  • ROSSI Filippo (1986), Memento fiori
  • RUSSO Adriano (1993), Scuoiatura
  • SABATINI Chiara (2001), Le mie radici
  • TALLINI Daniela (1969), Femina glucosia
  • VERZINA Pietro (1984), Polli fritti coi piedi

Call per racconti – Sesta edizione: incipit selezionati

giovedì, 21 Marzo 2024

I 36 prescelti e una nota a margine.

Attendiamo da tutte e tutti il racconto completo per il 25 marzo (da inviare all’indirizzo segreteria@premiocalvino.it).

Il 17 aprile saprete chi sono i 10 finalisti e troverete il loro testo sul sito dell’Indice. Tra il 17 e il 26 aprile chi vorrà potrà votare il suo preferito partecipando così a definire il vincitore del pubblico.

Il 10 maggio al Salone del libro (Sala Madrid, a partire dalle ore 19.30) si scopriranno le carte e si saprà chi sono i due vincitori, uno per la Giuria e l’altro “pop”.

I 36 prescelti

  • ANTONUCCI Germano (1975), Il mare arcobaleno dei bambini corallo
  • BACCILIERI Emanuele (1965), Gli Dei della discarica
  • BARICCI Giulio (1947), Per un filo di seta
  • BENATTI Francesco (1999), Una sirena a Venezia
  • BERTOLINO Ernesto (1972), Mamadou, una rigenerazione
  • BORGONOVO Mattia (2000), Tagli pregiati 
  • CANDELIERE Matteo (1990), Piantine
  • CINÀ Francesca (1964), Schianti  
  • COSTACURTA Stefano (1978), Come sbarazzarsi dei tarli 
  • DORE Luca (1977), La sezione distaccata
  • FACHECHI Matteo (1993), Il disturbatore di mosche
  • FATTORINI Francesco (1962), Alice
  • FOTI Donatella (1962), Storia terrena e celeste di Ordolica Persegan
  • GHIOTTI Michele (1989), Carne della mia carne, occhi dei miei occhi
  • LAMANNA Margaret (1999), Bestie tranquille
  • LUGLI Elisabetta Lucia (1978), Il giorno che cambiò la mia vita
  • MAGRO Gabriele (1998), Il molosso
  • MINGO Isabella (1959), Ossidiana
  • MIRISOLA Beniamino (1970), I pini stanno fermi
  • NANNERLE (1962), La panchina
  • NEGRETTI Carla (1961), Sogni di(s)umani
  • NOTTOLI Enrico (1994), Il sangue arcobaleno
  • RAFFAELLI Luca (1959), Topolino
  • RAIMONDI Emanuele (1981), Le arpie
  • RIGOTTO Letizia (1999), Il Conteflabis
  • ROMEO Gianni (1991), Ecofeticisti
  • ROMITI Luca (1990), Lucanus Sapiens
  • ROSSI Filippo (1986), Memento fiori
  • RUSSO Adriano (1993), Scuoiatura
  • SABATINI Chiara (2001), Le mie radici
  • SEGONI Francesco (1972), L’amore e l’upupa
  • SETRAGNO Mario (1964), In nome del popolo italiano 
  • SORIA Sabrina Cinzia (1965), Il granchio
  • TALLINI Daniela (1969), Femina glucosia
  • VERZINA Pietro (1984), Polli fritti coi piedi
  • VUANO Barbara (1957), La moneta del diavolo  

Nota a margine

L’attesa era di racconti che intrecciassero specie diverse, utilizzando il termine specie nella sua valenza più aperta e suggestiva. Da un lato noi, l’essere tassonomicamente definito homo sapiens, dall’altro gli animali non umani, le piante, le pietre, tutto ciò che comunemente si considera natura. E nel frattempo, ricordiamolo, si profilano e già incombono nuove specie con cui occorrerà fare presto i conti: sapiens modificati, robot, I.A. e altre per ora ignote soggettività. Che rapporto può esserci tra umano e non umano: ci può essere affinità o è l’estraneità a prevalere? Sensibilità e intelligenza sono unicamente dei sapiens? Si può amare un’entità non umana come si ama una persona ed esserne riamati? Possiamo violare a nostro piacimento il non umano? O dovremmo esitare? Le specie nel tempo si modificano e così il rapporto con loro? Il non umano può ribellarsi al dominio umano? Le questioni possibili sono infinite e hanno da sempre coinvolto menti e fantasie, ma si sono dovuti aspettare i filosofi romantici per cominciare a vederle poste speculativamente. Con loro, in modo ancora vago e intuitivo, ha iniziato a erodersi il profondo solco tracciato dal pensiero ebraico-cristiano prima e dalla filosofia razionalista poi, tra mondo umano e mondo non umano, considerato come mero oggetto di pratiche utilitaristiche a illimitata disposizione dell’uomo. Con loro si inizia a concepire una sensibilità nella natura e a vedere l’uomo come un tassello dell’insieme: i dipinti di Friedrich sono eloquenti con l’uomo sempre rappresentato di spalle mentre è immerso nella contemplazione della natura, e dove le scogliere bianche di Rügen paiono diventare un soggetto autonomo. Del 1848 è Nanna o l’anima delle piante di Gustav Theodor Fechner. E non dimentichiamo Darwin, Sull’origine delle specie (1869), per non dire de L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali del 1872, opere che hanno modificato l’idea della singolarità e dell’eccezionalità dell’uomo. Comunque, malgrado l’inedito mood romantico e le considerazioni evoluzionistiche sull’origine dell’uomo, Ottocento e Novecento hanno continuato a essere epoche del trionfo della ragione tecnica e dell’asservimento totale della natura ai bisogni ai consumi ai desideri dell’uomo. Un esempio per tutti le slaughterhouses dei nostri tempi, una sorta di Shoah del mondo animale. O il delta del Niger, dove una dirompente estrattività ha reso invivibile la zona per gli esseri viventi. Ma ormai nel terzo millennio cominciano a sentirsi gli scricchiolii di tale visione del mondo (i mutamenti climatici, il depauperamento dei mari, l’inarrestabile cementificazione delle coste, la rapidissima scomparsa di specie animali e vegetali cui si è sottratto l’habitat, l’irreversibile inquinamento, la crescita esponenziale di scorie e rifiuti) e delle connesse pratiche industriali e ambientali. Sta affermandosi una nuova sensibilità. E quelli che finora sono stati considerati semplici e accettabili danni collaterali stanno occupando il centro dell’attenzione e si comincia a pensare che forse il nostro stile di vita dovrebbe essere negoziabile.

    Questo era il sottotesto della nostra scelta di quest’anno. I 913 partecipanti al concorso hanno risposto in modo appassionato, concentrandosi fondamentalmente su alcuni aspetti più fantastici e surreali. Li ha soprattutto calamitati l’idea di transpecie più che di interspecie: il desiderio o la tendenza a diventare altro da sé, farsi vegetale soprattutto, magari una semplice foglia. Ma non mancano più inquietanti trasformazioni, come se si percepisse ormai la difficoltà a controllare la nostra struttura biologica, sottoposta a infinite pressioni. Anche le nuove relazioni con gli androidi, i robot, l’I.A. hanno attratto, vedendovi un ruolo di servizio che può però trasformarsi in ruolo di dominio. Gli animali non umani, con un singolare privilegio per gli insetti, vengono spesso antropomorfizzati, anziché, più complessamente, soggettivati. Certo non sono state molte, come invece avevamo immaginato, le storie con le specie compagne ‒ cani & gatti & altri esseri ‒ come le definisce Donna Haraway. Come incubi si presentano invece i cumuli di rifiuti domestici e urbani, sinistri luoghi di proliferazione di mostri arcani e arcaici. In taluni incipit si profila poi un nuovo rapporto con gli oggetti, guidato dal riuso e dalla rigenerazione. Il tono, in generale, non appare catastrofista ‒ talvolta è addirittura ironico ‒ quasi si fosse in attesa di un nuovo inizio rigenerante. Chissà!

La giuria della XXXVII edizione

giovedì, 1 Febbraio 2024

VIOLA ARDONE

Viola Ardone, napoletana, si è laureata in Lettere nel 1997 con una tesi in Storia del teatro. Dopo un’esperienza editoriale, insegna Italiano e Latino al liceo. Per Einaudi sono usciti i romanzi Il treno dei bambini (2019) ‒ tradotto in 36 lingue, su cui si basa il film di Cristina Comencini presto in sala ‒, Oliva Denaro (2021) ‒ dal quale è tratto l’omonimo spettacolo teatrale con la regia di Giorgio Gallione attualmente in tournée ‒, e Grande meraviglia (2023). Con Salani ha pubblicato La ricetta del cuore in subbuglio (2012) e Una rivoluzione sentimentale (2016). È autrice della drammaturgia Un sogno di fuga, andato in scena al Campania Teatro Festival del 2021. Collabora con il Corriere del Mezzogiorno, Repubblica, La Stampa, L’Espresso.


BEATRICE MANETTI

Beatrice Manetti, fiorentina, insegna Letteratura italiana contemporanea presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Torino e fa parte del Centro interdisciplinare di ricerche e studi delle donne e di genere (Cirsde), che ha diretto dal 2019 al 2022. Ha scritto saggi e curato volumi sulle maggiori scrittrici italiane del Novecento (tra le altre, Ortese, Banti, Ginzburg) con una speciale fedeltà a Paola Masino, alla quale ha dedicato una monografia e la curatela di un volume collettivo (Paola Masino, Fondazione Mondadori, 2016) e, più di recente, a Natalia Ginzburg. Nel 2022 ha curato per Carocci, insieme a Massimiliano Tortora, il manuale Letteratura italiana contemporanea. È condirettrice de L’Indice dei Libri del Mese.


ROBERTA MAZZANTI

Roberta Mazzanti è stata ricercatrice di Letteratura anglo-americana presso l’Università degli Studi di Milano. Dal 1986 al 2010 ha lavorato per Giunti, ideando la collana Astrea dedicata alla narrativa delle donne di ogni paese (da Andreas-Salomé a Rodoreda, da Enchi a Mernissi). Ha collaborato a riviste come Linea d’Ombra e Leggendaria. Fa parte dell’Associazione Forum per il libro e della Società Italiana Letterate. Si è dedicata alla scrittura autobiografica con Sotto la pelle dell’orsa (Iacobelli, 2015). Suoi sono numerosi saggi, in particolare su Anne Michaels, Elena Ferrante, Toni Morrison, Melville e Poe. Nel 2016 ancora per Iacobelli ha curato ‒ con Silvia Neonato e Bia Sarasini ‒ il seminale L’invenzione delle personagge.


ANDREA POMELLA

Andrea Pomella è nato a Roma nel 1973. Dopo aver pubblicato tra il 2004 e il 2007 monografie d’arte su Caravaggio, Van Gogh e i Musei Vaticani, esordisce nella narrativa con Il soldato bianco (Aracne, 2008). Ha pubblicato poi i romanzi La misura del danno (Fernandel, 2013), Anni luce (Add, 2018; entrato lo stesso anno nella dozzina dello Strega), L’uomo che trema (Einaudi, 2018; vincitore del Premio Napoli 2019 e del Wondy 2020), I colpevoli (Einaudi, 2020) e Il dio disarmato (Einaudi, 2022), originale sguardo sul rapimento Moro. Suoi sono inoltre i saggi narrativi 10 modi per imparare a essere poveri ma felici (Laurana, 2012) e A Edimburgo con Irvine Welsh (Perrone, 2023). Insegna alla Scuola del Libro di Roma e alla torinese Scuola Holden.


ALESSANDRO ZACCURI

Alessandro Zaccuri è nato a La Spezia nel 1963 e vive a Milano. Dirige la Comunicazione dell’Università Cattolica e scrive su Avvenire. Ha esordito come narratore nel 2003 con Milano, la città di nessuno (L’Ancora del Mediterraneo; premio Biella Letteratura e Industria). Nel 2007 con Il signor figlio (Mondadori, ora Tascabili Marsilio) ha vinto il Selezione Campiello. Ha poi pubblicato i romanzi Infinita notte (Mondadori, 2009), Dopo il miracolo (Mondadori, 2012), La quercia di Bruegel (Aboca, 2021), Poco a me stesso (Marsilio, 2022) e il memoir Nel nome (NNE, 2019). Con Lo spregio (Marsilio, 2016) si è aggiudicato, in particolare, i premi Comisso e Mondello Giovani. È autore di svariati saggi, tra cui Come non letto (Ponte alle Grazie, 2017).

Trame interspecie

mercoledì, 20 Dicembre 2023

Torna il Call per racconti brevi del Premio Italo Calvino e torna ammiccando sempre al fantastico, senza però dimenticare possibili esperienze vissute o comunque vivibili. Il titolo quest’anno è Trame interspecie, e il sottotitolo glossa:

     Sogni e incubi, sacralità e violabilità, affinità ed estraneità nell’affascinante soglia tra umano e non umano tanto più cruciale nell’epoca del dispiegato antropocene, ma da sempre frequentata dall’immaginazione: incroci con altre sensibilità e intelligenze, aperture ad altri regni della natura, presagi di nuove ecologie. Sempre sulla via del fantastico, ma non solo.

Ci aspettiamo dunque racconti che intreccino specie diverse, utilizzando il termine specie nella sua valenza più aperta e suggestiva. Da un lato noi, l’essere tassonomicamente definito homo sapiens, dall’altro gli animali non umani, le piante, le pietre, tutto ciò che comunemente si considera natura. Che rapporto può esserci tra umano e non umano: ci può essere affinità o è l’estraneità a prevalere? Sensibilità e intelligenza sono unicamente dei sapiens? Si può amare un’entità non umana come si ama una persona ed esserne riamati? Possiamo violare a nostro piacimento il non umano? O dovremmo esitare? Le specie nel tempo si modificano e così il rapporto con loro? Il non umano può ribellarsi al dominio umano? Le questioni possibili sono infinite e hanno da sempre coinvolto menti e fantasie, ma si sono dovuti aspettare i filosofi romantici per cominciare a vederle poste speculativamente. Oggi, nell’epoca dell’incontrastato e totalizzante antropocene, i cui scricchiolii costituiscono ormai un minaccioso rumore di fondo, forse occorrerebbe porsele concretamente. Si può pensare a nuove ecologie, a nuove relazioni tra l’uomo, gli organismi vegetali e animali e l’ambiente in cui vivono? O di fronte a noi si aprono solo incubi e inferni? E nel frattempo, ricordiamolo, si profilano e già incombono nuove specie di altra natura con cui occorrerà fare rapidamente i conti: sapiens modificati, robot, I.A. e altre per ora ignote soggettività.

Invitiamo chi scriverà a mettere in gioco immaginazione e intelligenza, tenendo ben presente ciò che Horacio Quiroga dice nel suo decalogo del perfetto cuentista:

→ Non cominciare a scrivere senza sapere fin dalla prima parola dove stai andando. In un racconto ben riuscito le prime tre righe hanno quasi la stessa importanza delle ultime tre.

→ Prendi per mano i tuoi personaggi e conducili con fermezza fino alla fine, senza guardare altro che la strada che hai tracciato per loro. Non ti distrarre guardando tu ciò che loro non possono o non si curano di guardare … Considerala una verità assoluta, benché non lo sia.

Da parte nostra di qui al 3 marzo non mancheranno stimoli e consigli che chi vorrà cimentarsi potrà trovare sui nostri canali social.

Auguri a tutti di buone letture e di buon lavoro, sia a chi parteciperà sia a chi non parteciperà.

Mario Marchetti