Giurie

L’ESORDIENTE di SERGIO COMPAGNUCCI

venerdì, 24 Febbraio 2012

Pensai:

Mi sa tanto che non sarà più come prima.

….

E pure mamma la pensava come me.

La trovai due ore più tardi che singhiozzava in cucina, a rimestare nella pentola con il cucchiaio di legno.

Era stato zio Carlo a darle la notizia. Io dopo che loro erano ripartiti in macchina ero tornato dagli altri tre.

«M’ha preso la Fiorentina.»

Gliel’avevo detto senza troppa enfasi, che non volevo sembrare quello che si dava le arie.

«Cazzo, Alberti’, la Fiorentina!» m’aveva fatto invece Michele ritirando le guance.

Sandro e Adriano non avevano detto niente. Cioè, congratulare si erano congratulati, ma con una pacca sulle spalle senza dire una parola.

Rientrando in casa, incontrai babbo in garage − passavo sempre dal ga­rage, perché mamma voleva che le scarpe da calcio le lasciassi lì.

A casa mia le smancerie non andavano proprio. Uno può pensare che non ci volessimo bene, ma non era per questo. Era un fatto d’abitudine. Quando la domenica mattina andavo in cucina per fare colazione e trovavo babbo già seduto che mangiava le fette biscottate con il miele, non gli dicevo “buongiorno, babbo, come stai?”, ma, che so, visto che il barattolo sul tavolo stava vicino a lui, “ba’, passami lo zucchero”. Oppure quando rientravo da scuola, verso l’una e quaranta, e vedevo mamma di spalle sopra i fornelli, le facevo “ma’, che c’è per pranzo che ci ho gli allenamenti?” Lei si girava con il coperchio della pentola in mano e anzi­ché dirmi “ciao, tesoro, com’è andata a scuola?”, mi faceva “Alberti’, perché non mangi un po’ di prosciutto intanto?” E a quel punto ci stava pure che mi risentivo: “Ma’, per favore eh, lo so io che devo mangiare!”

“Eh, lo sai tu, lo sai tu, ma non ci sei rimasto niente, non ti vedi?”

Insomma una cosa così. E infatti ogni volta che vedevo la pubblicità del Mulino Bianco restavo a bocca aperta per un quarto d’ora.