Giurie

LA CASA DI EDO di PAOLO MARINO

venerdì, 15 Giugno 2012

QUASI UN INCIPIT

EDO SCOPRE CHE I SUOI GENITORI SONO MORTI

 

Non mi aspettavo di vederli e capivo che la loro presenza doveva essere carica di significati, sebbene non avessi il tempo di decifrarli. Mi avvicinai a zio Ettore per baciarlo sulla guancia, quando zia Lucia si mise prepotentemente in mezzo e strillando aggirò lo scoglio inerme del marito per corrermi incontro e abbracciarmi.
‘Povero il mio Edo cosa gli è successo al mio Edo piccolo mio piangi bambino mio cosa è mai capitato alla nostra famiglia una disgrazia una disgrazia come faremo come dobbiamo fare ora povero Edo senza la mamma e il papà che disgrazia piangi piccolo mio non avere paura.’
Mi stringeva tra le braccia schiacciandomi la faccia sul petto, soffocandomi con un profumo dolciastro mescolato all’odore acre del sudore. Finalmente qualcuno si degnava di spiegarmi come stavano le cose. Devo tuttavia confessare che, lì per lì, non mi fece alcun effetto. Non sentivo il bisogno di piangere, soltanto una sensazione di disagio che aumentava insieme ai picchi della voce e alla cascata di singhiozzi della zia. Il fastidio per quella presa umorale e il disgusto per lo scambio di effluvi mi proteggevano dagli effetti strazianti della litania.
Scorgevo soltanto una minuscola porzione dello spazio intorno a me: la valigia posata a terra e un nugolo di piedi. Scarpe di cuoio leggero, bordi di pantaloni chiari, sandali femminili, unghie smaltate di rosso, caviglie appesantite… Un mesto crocchio circondava la matrona venuta da lontano per piangere la scomparsa del fratello e della nuora e unirsi al lutto del nipote rimasto solo al mondo. Ce ne sarebbe stato abbastanza per farsi risucchiare da oscuri gorghi di disperazione e appendersi a una corda. Mi salvò la sensazione dell’inopportunità di quello sfogo: un’esibizione oscena, peggio che vederla alzarsi la gonna e abbassare le mutande.