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OPERE SEGNALATE dal Comitato di lettura della XXXIII edizione

sabato, 11 Luglio 2020

Sonia AGGIO (1995), Magnificat
→ “per l’abilità con cui nella vicenda di due cugine nel Polesine degli anni Cinquanta, ai tempi dell’alluvione, si fondono realtà e fantasia attingendo anche a inquietanti elementi magici”

Dora ARGENTO (1956), Cent’occhi  
→ “per la policentrica narrazione di un oscuro delitto famigliare in una Sicilia atemporale, nella modalità di un giallo dai tratti onirici”    

Nicolò BELMONTE (1988), Libro di Orf
→ “per aver dato vita a un poema mitologico in prosa grazie a una tessitura combinatoria dagli echi calviniani che procede per accumuli, richiami e rilanci” 

Riccardo CAPACCIOLA (1982), La caricatura

→ “per la fascinosa, colta e ironica ricostruzione del mondo culturale praghese durante lo spegnimento, insieme livido e malinconico, del comunismo reale”

Gennaro CARBONE (1989), Rastacop

→ “per la grottesca, esilarante e corrusca rappresentazione della vita di un giovane senza lavoro dei nostri tempi, divisa tra spinelli e masturbazione, dove il surreale diventa reale, l’assurdo logico”

Arjuna CECCHETTI (1976), Non pensarci due volte
→ “per il delicato ritratto di una ragazzina che non ha paura e compie, immergendosi nella selvaggia natura appenninica, un avventuroso viaggio ricco di incontri formativi”

Luisa CONSOLINI (1961), La rappresentazione
→ “per il coinvolgente scorcio, attraverso la figura dell’operaio Toni, della trasformazione  ‒ colta nei suoi risvolti umani ‒ della società italiana da agricola a industriale a postindustriale”

Claudio CONTI (1972), L’uomo che vendette il mondo
→ “per l’abilità con cui l’autore gestisce un romanzo di fantascienza apocalittica, che è anche un catalogo della modernità, delle sue mode e dei suoi miti”

Rodolfo CROCE (1978), Ghiacciaio
→ “per il ritmo irresistibile e la vis comica di un intrigo rocambolesco che spazia con levità tra il thriller, il noir, il pulp con un effetto di intelligente intrattenimento”

Noemi DE LISI (1988), Ferma e limpida nel buio   RACCONTI
→ “per la capacità di rendere perturbanti, in una lingua vivida e sporca, comuni episodi di vita adolescenziale e giovanile che delineano, in forma di racconto, un’antropologia dei nostri tempi” 

Francesca DI GANGI (1964), Lettera a mia madre
→ “per la coraggiosa, toccante e drammatica esposizione ‒ grazie a una lingua di grande forza e maturità ‒ di un dolore intimo e lancinante radicato nel difficile rapporto con la propria madre”

Daniele DIONISI (1976), Santo protettore
→ “per la paradossale e ironica metamorfosi di un uomo di ottimi principi da ‘santo’ a ‘protettore’, svolta con verve e lingua spumeggianti senza timore di divertire il lettore”

Enrico FERRATINI (1991), La morte della Fenice RACCONTI
→ “per l’originale struttura a mosaico di un testo di brevi prose autonome e insieme collegate, nelle quali si esprime, con stile nitido, una visione del mondo sottilmente critica dell’oggi”

Alberto GRILLO (1968), Quote
→ “per aver saputo, a partire dal disastro del ponte Morandi, operare destramente la mutazione di una materia strettamente tecnica ‒ gli acciai speciali ‒ in accattivante materia narrativa”

Vincenzo LIGUORI (1965), Veleno
→ “per l’acuta indagine psicologica di un rapporto tra un medico e un paziente connessi da una donna, sullo sfondo di una Napoli impietosamente radiografata”

Federica MARZI (1974), Nata altrove
→ “per il quadro finemente filologico di una Trieste approdo dall’Est, nel caso, di due donne ‒ un’istriana e una bosniaca ‒ di generazioni diverse, le cui vite sono legate da un carsico filo”

Alessio MAZZOLOTTI (1975), Il respiro della macaia
→ “per la complessa architettura di una trama vorticosa che, su un intrigante sfondo ligure, tocca tempi diversi, da una Resistenza giocata in chiave romanzesca, agli anni ’70 al 2001 del G8”

Aurora PANZICA (1991), La morte e la follia della signorina E.
→ “per l’intensa e impeccabile descrizione di un’esistenza vissuta ai bordi della vita ‒ tra vagheggiamenti e fantasticherie ‒ inesorabilmente indirizzata al suicidio”

Massimo PARIZZI (1950), Io
→ “per la sperimentalità e il coraggio di una autobiografia per frammenti che con lingua tersa e immediatezza filosofica si pone quesiti esistenziali di sempre”

Matteo PIERI (1979), Un dio sprovveduto

→ “per aver saputo affrontare narrativamente, in modo singolare e appassionante e con scrittura inappuntabile, il tema dell’intelligenza artificiale in un futuro transumanista”

Jezebel POLEGATO (1987), Messaggi vocali         RACCONTI
→ “per l’originale disegno di una raccolta di racconti di scrittura moderna che sa fare ricorso ai nuovi linguaggi social in maniera insolita e creativa anche graficamente”

Alberto RAVASIO (1990), Le vite sessuali
→ “per il trattamento dissacrante e inventivo ‒ non senza gusto della provocazione ‒ della materia sessuale nel filtro dei profili deformati dell’uomo di Neanderthal, Dante, Hitler e Hawking” 

Giorgio SEITA (1965) e Valerio PAPAS (1965), Figli dell’Orco
→ “per il fascinoso affresco di una saga famigliare canavesana tra 800 e 900, nel segno della tragicità e dell’acqua, in un’orditura sinuosa dalla scrittura densa” 

Lorenzo SEMORILE (1986), Il tempo perfettibile

→ “per il feroce sarcasmo e la lucida perfezione della lingua con cui si illumina il profilo di un inconciliato che il gioco del caso mette a confronto con un pezzo ignoto della sua vita”

Niccolò TONIN, Il pianista degli animali

→ “per la capacità di condurre il lettore in lande minacciose e affascinanti, nella cifra di una favola nera che sa unire sperimentazione linguistica e indagine psicologica profonda”

Alfonso TRAMONTANO GUERRITORE (1978), I fetenti            RACCONTI
→ “per il calibrato dosaggio dell’elemento dialettale nell’efficace impasto con cui si raccontano storie di straordinaria suggestione quando i protagonisti sono ragazzini di marginalità campana”

Francesca VALENTE (1974), Altro nulla da segnalare       RACCONTI
per la forte empatia e la penetrazione psicologica con cui sono magistralmente tratteggiati, tra documento e finzione, i lineamenti di pazienti psichiatrici a partire dai rapportini degli infermieri”