Il romanzo di Marco Magini, finalista alla XXVI edizione del Premio Calvino con il titolo “Come fossi solo”, esordirà con Giunti a febbraio 2014 nella collana “Italiana”.
Con un’opera che unisce impegno civile e forza del racconto, Marco Magini sarà uno degli autori di punta della narrativa italiana di Giunti editore.
“Un esempio di letteratura di testimonianza che affronta con coraggio e in maniera attentamente documentata una pagina vergognosa e rimossa dell’Occidente, il massacro di Srebrenica. Notevole è la forza evocativa di alcune scene come suggestivo è l’impianto a tre voci della narrazione ‒ un giudice internazionale, un soldato delle forze di interposizione Nato, un miliziano serbo-bosniaco ‒ ciascuna con la sua grana e la sua peculiare prospettiva”.
Dalle motivazioni della Giuria del Calvino, che ha segnalato il testo con una menzione speciale.
Un estratto dal romanzo “Da giorni si parlava della partita. C’erano già stati disordini l’anno prima a Belgrado e la paura che la recente elezione di Tudjman avesse ulteriormente scaldato gli animi era davvero tanta. Non mi interessavo allora di politica e non sospettavo ancora che saremmo stati tutti costretti ad interessarcene di lì a poco. Cresciuta dopo la morte di Tito, la mia generazione era di gran lunga più interessata alla separazione dei Police che a quella della Repubblica Jugoslava. Federazione, confederazione….parole molto molto lontane dai nostri pensieri. Oggi mi viene in mente quel giorno perché fu quello in cui iniziò la mia presa di coscienza di ciò che stava realmente succedendo nel mio paese. Forse non lo capii in maniera consapevole, ma sentii chiaramente che qualcosa era ormai irrimediabilmente cambiato. Ricordo Boban con indosso la maglia della Dinamo Zagabria, girarsi, alzare la testa, prendere la rincorsa e saltare davanti al poliziotto colpendolo con un calcio sul viso. Di tutti i disordini che ebbero luogo quel giorno, dei celerini vestiti in tenuta anti sommossa, dei feriti stesi a terra, di tutto ciò io ricordo solo Boban e il suo calcio al volo. Mi sono spesso domandato se Boban fosse cosciente delle conseguenze del suo gesto, se si rendesse conto di quello che avrebbe significato. Probabilmente no. Quel calcio, trasmesso e ritrasmesso in televisione, avrebbe finito per prendere una vita propria, per diventare qualcosa di esterno all’autore stesso. Quel calcio imponeva che prendessimo una posizione, a quel calcio non si poteva rimanere indifferenti. Boban in quel momento diventava paladino della nazione croata, la decisione era tra stare dalla parte di Boban o dalla parte del poliziotto; decidere, come diceva Tujman, se la Croazia aveva davvero ragione di esistere o se, come già urlava Milosevic, la vecchia Jugoslavia dovesse andare avanti così com’ era.”
Marco Magini è nato ad Arezzo 28 anni fa. Si è laureato in Politica Economica Internazionale alla London School of Economics. Per motivi di studio e di lavoro ha vissuto in Canada, Stati Uniti, Belgio, Turchia e India. Oggi vive e lavora a Zurigo dove si occupa di cambiamento climatico ed economia sostenibile.
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