Ecco l’elenco dei concorrenti dell’edizione XXVIII segnalati dal comitato di lettura.
Alessandro ABBONDANDOLO (1972), CANCELLETTOTRENTUNOCANCELLETTO
“per il linguaggio scabro, impastato di gergo, con cui tratteggia la storia di quattro dannati nell’odierno hinterland napoletano”
Marco ALBERGATI (1973), LA PIU’ BELLA ESTATE
“per aver tratteggiato l’ossessione amorosa omosessuale di un anziano bibliotecario, sullo sfondo della Bologna fascista, con un linguaggio colto volutamente oscillante tra ingessature e leziosità”
Castrenze CALANDRA (1962), NO-KIME-YASUMA
“per il sottile regesto della crisi spirituale dello sconfitto Giappone postbellico attraverso le vicende degli ultimi rampolli di una casata nobiliare”
Francesco CAMMISA (1959), FORSE A NAPOLI TI SALVERAI
“per il disincantato e divertito senso di finis vitae aleggiante per tutta l’opera reso con stile gradevolmente inattuale”
Virgilio CASTELLANA (1976), CASI CINICI
“per la penetrazione psicologica con cui analizza nei suoi migliori racconti, in particolare in Evirazione ebdomedaria, la complessa emozionalità dell’infanzia o della prima adolescenza”
Saverio CATELLANI (1970), A PERDERE SEMPRE ALLA FINE CI SI STANCA
“per aver saputo dar voce con ironico garbo al senso di disillusione generato dalla stagnante palude italiana”
Luca CRUCIANELLI (1981), NIENTE SUCCEDE DAVVERO
“per la descrizione precisa, coinvolta e coinvolgente, del nomadismo notturno dei trentenni odierni alla ricerca di un inattingibile appagamento”
Rossella DE MARTINO (1966), FUGA BLUES
“per lo stile sicuro e la perizia narrativa con cui ritrae esistenze caratterizzate da un profondo male di vivere”
Adriana FERRARINI (1958), LE CANDY
“per la capacità mimetica nel rappresentare i furori adolescenziali di un gruppo di ragazze di provincia su un bello sfondo fluviale ”
Eva FRAMARINO (1944), UNA GITA IN BLU
“per la sottile sensibilità, lo stile impeccabile e la precisione con cui ricostruisce tra documentazione storica e invenzione narrativa la vita di un giusto nel cono d’ombra dell’oppressione nazifascista”
Gabriele GROSSO (1970), VINNIE THE HOOK
“per la delicatezza della vicenda narrata che sfiora la realtà e la storia rielaborando originalmente un immaginario fumettistico e mediatico americano ”
Andrea GUANO (1948), IL TRASFERIMENTO
“per l’epica cupa e nichilistica del Pubblico Impiego cui il romanzo dà voce con scrittura sciolta e scorrevole mettendo in campo un ventaglio di storie di ordinario squallore”
Alessio INNOCENTI (1988), DI CARTA E DI CIELO
“per l’abilità con cui, nei racconti migliori, il giovane autore affronta il tema dell’ineluttabilità del destino umano nel quadro di una letteratura insieme fantastica e di pensiero”
Leonardo LAVACCHI (1947), LE ORE GLI ANNI
“per l’eccellente qualità dello stile con cui rappresenta la banalità dell’esistenza di un gruppo di amici senza storia”
Luca LEONE (1970), OTTO RACCONTI IN NERO
“per l’ammirevole senso del climax e del mistero con cui la raccolta governa le vicende narrate privilegiando l’intelligenza del lettore”
Andrea MERENDELLI (1965), CLASH TO ME. RACCONTO PUNK DI PROVINCIA
“per l’abilità di ricostruire con vena nostalgica, nel mitico filtro dei Clash, il linguaggio e le ribellioni di una generazione del profondo Centro nello scorcio di fine millennio”
Giovanni MORSAN (1943), IL GUARDIANO DELLE NUVOLE
“per il linguaggio avvolgente e il forte senso di religiosità ecologica con cui narra l’esperienza di due diverse e polari figure di missionari nella foresta amazzonica”
Alessandro MUSTO (1976), VIA ARTOM
“per la scrittura e le potenzialità di una storia che vuole collegare passato e presente sullo sfondo di una periferica Torino, carica di significati simbolici”
Roberto PERETTO (1946), CROCIFISSIONE IN BLU DI ARTISTA LONGOBARDO IN CARAIBIA
“per il carattere audacemente sperimentale di un testo che rifiuta la consensualità e il compromesso narrativo sfoggiando uno stile impervio retto con grande maestria”
Stefano PERRICONE (1958), MARA
“per aver affrontato narrativamente, con una prosa di grande limpidezza e con un’originale caratura filosofica, il tema dell’assurdo e del nichilismo esistenziali”
Carlo RUSSO (1956), COME UN GRANELLO DI SENAPE
“per l’immaginosa e temporalmente sospesa vicenda di miracoli calura e scarafaggi in ambientazione siciliana che tocca i temi della fede e della volubilità del senso comune ”
Giovanni TADDEI (1961), GENTACCIA
“per il tentativo di costruire un romanzo corale, antieroico e contemporaneo a partire dall’interno di personaggi comuni con l’ausilio di una scrittura schietta e plebea dalle venature toscaneggianti”
Nunzia VOLPE (1974), CA’ ROSETTA
“per la riuscita ricostruzione di una strage nazista che rivela talento narrativo, senso del dramma e impegno civile”
Visita il nostro canale Youtube
Visita la nostra pagina Facebook
Visita la nostra pagina Twitter