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note a margine

lunedì, 21 Settembre 2020

COME PROCEDE IL PREMIO CALVINO

NOTE A MARGINE DELLE OSSERVAZIONI DEI CONCORRENTI

Mario Marchetti
21 settembre 2020

INDICE:


SE CENTO EURO VI SEMBRAN TANTI

QUOTA DI ISCRIZIONE

     Ad alcuni la  tariffa di iscrizione al Premio (100 euro come base) pare alta, ma probabilmente non hanno provato a fare dei conti di massima, tenendo in particolare presente che il Premio si finanzia per più del 90 % con le quote di iscrizione (non godiamo di contributi pubblici, ma attualmente solo di un contributo della Fondazione CRT).

E quali sono le spese? Tante! Ci limitiamo ad elencare solo le principali, tralasciando, ad esempio, quelle di manutenzione:

→ affitto della sede, spese di luce e riscaldamento, spese telefoniche
→ segreteria
→ ufficio stampa e materiale promozionale
→ cura del sito e dei social
→ remunerazione dei lettori: si tenga conto che ogni singola lettura corredata di un giudizio viene pagata
→ viaggi e accoglienza dei giurati
→ premio in denaro al vincitore e ai menzionati

Se si prova a fare qualche conto, si potrà facilmente capire che non c’è il minimo profitto da parte del Premio, come peraltro è naturale, essendo un’associazione senza fini di lucro. Anzi ‒ aggiungiamo ‒ se non ci fosse il lavoro gratuito dei membri del Direttivo, il Premio non potrebbe neppure reggersi. Tutti gli altri vengono pagati, tra l’altro neppure profumatamente.    Qualcuno si è mai domandato quanto tempo occorra per leggere un testo (che viene letto nella sua interezza) e redigere una scheda? E il tempo profuso negli incontri di discussione (circa una dozzina per ciascun lettore)? Se calcolassimo le ore effettive basterebbero a malapena i cento euro d’iscrizione per coprirne il valore. Questo lavoro viene anche svolto da qualificate agenzie letterarie in tempi più brevi, ma secondo una filosofia diversa dalla nostra che si basa su un lavoro collegiale.

    Qualcuno ci scrive che i concorsi letterari dovrebbero essere gratuiti. Ma perché e, soprattutto, chi dovrebbe finanziarli? Forse potrebbe essere così nel paese di Utopia. Ricordiamoci che chi finanzia chiede controllo. Da parte nostra reputiamo che la nostra autonomia finanziaria sia un bene che ci garantisce indipendenza. Noi dobbiamo rispondere solo a noi stessi e ovviamente ai concorrenti. Alle nostre spalle non ci sono interessi di alcuna natura a indirizzarci. Il fatto poi che ogni anno si iscrivano al Premio centinaia di concorrenti significa, ci pare, che rispondiamo a un bisogno reale, che non siamo insomma un ente inutile, visto, tra l’altro, che partecipare al Premio è una libera scelta.

     Certo, ci sono ottimi premi per esordienti gratuiti, ma a sostenerli c’è sempre o un gruppo editoriale o un ente pubblico (come lo fu la RAI nel caso del premio La Giara) e, soprattutto, nessuno, e lo sottolineiamo, garantisce un giudizio motivato su tutti i testi che partecipano.

     Detto questo, capiamo che per qualcuno la quota d’iscrizione possa rappresentare un sacrificio ‒ e ce ne spiace ‒ ma senza di essa il Premio non potrebbe sussistere.


L’ATTESA DEI GIUDIZI È TROPPO LUNGA

    Può darsi. Ma non può essere diversamente se il lavoro è serio. D’altronde chi si iscrive sa che prima del luglio successivo non potrà ricevere il giudizio.

Anche qui occorre pensare che l’arrivo del libro al Premio è solo il primo passo di una serie di operazioni ineludibili. I testi debbono essere registrati e muniti di codice, occorrerà anche verificare se l’autore ci ha già inviato altri testi per segnalare la cosa a chi lo leggerà. È un lavoro minuzioso che richiede parecchio tempo, inevitabile perché tutto possa filare liscio e per poter conservare la memoria di ciò che ci arriva. Di tutto ciò si occupano un paio di persone per circa un mese. Si passa poi al lavoro fondamentale del Premio: la lettura dei testi, la discussione e la stesura di una prima bozza dei giudizi (che andranno poi rifiniti e integrati tra di loro), lavoro che viene effettuato per gruppi (negli ultimi anni cinque) e inizia a ottobre per terminare a gennaio. Tra gennaio e febbraio, grazie a un serie di riunioni collegiali dei lettori con l’intervento del Direttivo, si arriva  all’individuazione dei testi finalisti (una decina). All’inizio di marzo questi vengono inviati alla Giuria esterna per la scelta del vincitore e dei menzionati, cosa che avverrà nel mese di maggio, qualche tempo prima della premiazione pubblica che di norma (salvo situazioni eccezionali come quella creata l’anno appena trascorso dal Covid 19) si tiene alla fine dello stesso mese.

   I giudizi redatti dai singoli lettori vengono rifiniti e rivisti da loro stessi entro marzo. Ma dovranno poi essere editati e integrati con altri giudizi successivi a cura del capogruppo. Ma non finisce qui! Dopo la premiazione saranno tutti ulteriormente letti e rivisti a cura del Direttivo per verificare che corrispondano ai criteri che il Premio si è dato per la loro redazione. E poi, finalmente!, l’invio ai concorrenti. E siamo così arrivati a luglio. Un lavoro come si può capire lungo e minuzioso (si tratta di centinaia di pezzi), fatto allo scopo di garantire la massima equità e omogeneità possibile nelle valutazioni. E malgrado questo lavoro talvolta qualcosa sfugge e non tutto riesce perfetto. E i concorrenti non mancano di farcelo notare. I loro appunti, se oggettivamente fondati ‒ bisogna dire che non sempre lo sono e non sempre sono formulati nei dovuti modi ‒ sono i benvenuti. Se si è seguito il filo del discorso, risulterà anche chiaro perché i giudizi non possano essere firmati da un singolo lettore. Il giudizio è frutto di un lavoro collettivo.


CHI GIUDICA COSA

    Abbiamo notato che talvolta i concorrenti non hanno le idee chiarissime su questo punto.

La Giuria esterna (composta di cinque membri che variano ogni anno scelti tra i più prestigiosi scrittori, critici, operatori culturali della scena letteraria italiana ‒ si veda in proposito qui   https://www.premiocalvino.it/edizioni-giurie-vincitori-e-premiati/) valuta unicamente i testi finalisti (una decina) che le giungono in forma anonima, con l’unica indicazione Uomo/Donna. I giurati non  possono certamente leggere le centinaia di testi che ci pervengono ogni anno!

I giudizi che i concorrenti ricevono sono opera del Comitato di Lettura secondo la procedura che abbiamo sopra illustrato.

→ I segnalati del Comitato di Lettura vengono stabiliti sulla base delle indicazioni che provengono dai gruppi di lettura e sulla base dei testi che rimangano in gara a febbraio dopo almeno tre letture. La lista definitiva viene stilata dopo la Premiazione, tra giugno e luglio, a cura del Direttivo del Premio

→ La menzione speciale del Direttivo viene assegnata ‒ naturalmente dal Direttivo ‒ a un’opera che si qualifichi per l’innovazione linguistica e compositiva e trascenda la tradizionale suddivisione dei generi.


CHI SONO I LETTORI?

    Per essere lettori del Premio è necessario essere amanti della narrativa, essere cioè dei lettori forti, ma non è sufficiente. Il nostro Comitato di Lettura non è assimilabile a una giuria popolare, ma piuttosto a una giuria di esperti. I suoi membri sono tutte persone qualificate al compito per i loro studi o per la loro attività professionale (specializzati o dottori di ricerca in discipline umanistiche, traduttori, redattori editoriali, docenti medi e universitari, cultori di letteratura e di narrativa di comprovata perizia, critici, saggisti, giornalisti culturali e scrittori in proprio).

    Si può fare domanda per diventare lettori del Premio inviando il proprio curriculum alla segreteria. Si tenga però presente che oltre a possedere la qualificazione professionale di cui si è detto sopra occorrerà garantire la propria presenza alle riunioni dei gruppi di lettura e discussione: si tratta di non meno di una dozzina di incontri di norma tra ottobre e febbraio. Ma non basta ancora: bisognerà dimostrare di essere in grado di redigere un giudizio ampio e articolato sui testi che si leggono. Chi si candida avrà dunque un colloquio con un membro del Direttivo e dovrà, a titolo di prova, redigere un paio di giudizi su manoscritti inediti. Insomma è un’attività stimolante, ma impegnativa quella di lettore del Premio!


CHI PUÒ PARTECIPARE AL PREMIO?

OVVERO CHI SONO PER NOI GLI ESORDIENTI?

Le cose negli ultimi anni sono cambiate radicalmente: oggi l’esordiente inedito puro è una vera rarità, una specie, insomma, in via d’estinzione. Le possibilità di autopubblicare, di pubblicare sul web, di pubblicare a pagamento o con piccole o minime case editrici sono ormai infinite.

I criteri a cui ci atteniamo (illustrati al punto 3 del bando) sono fondamentalmente i seguenti:

l’autore deve possedere i diritti dell’opera che invia (che non possono quindi essere già stati ceduti a una casa editrice o a un’agenzia letteraria)

l’opera non deve essere già stata sottoposta a un vaglio di natura critica: per tale motivo accettiamo, ad esempio, le opere autopubblicate o le opere pubblicate a pagamento in qualsiasi forma (il motivo che spinge un editore a tale tipo di pubblicazione non è in prima istanza, come è evidente, di natura letteraria, bensì di tipo commerciale; perché l’autore vi acceda è umanamente spiegabile con l’ansia di vedere la propria opera stampata).

→ l’opera ha avuto una circolazione minima:  sono di fatto opere fantasma, benché apparentemente pubblicate, soffocate al loro primo vagito, e il loro autore, quindi, a titolo sostanziale può essere considerato esordiente. Reputiamo giusto dare loro una seconda chance. I criteri in tal caso sono molto rigidi (si veda sempre al punto 3)

→ non c’è limite di età per esordire: anche questa è una caratteristica che ci  distingue e a cui  teniamo in modo particolare (eppure si sa che il mondo editoriale ha un occhio di riguardo per i più giovani).

Spesso viene eccepito che i nostri finalisti hanno già pubblicato qualcosa: certamente se si tratta di testi o scritti saggistici, di articoli giornalistici o di singoli racconti in antologie o riviste. In tali casi consideriamo gli autori come esordienti a livello narrativo o a livello di opera letteraria compiuta e autonoma. Diremmo, peraltro, che è più che naturale che chi ha già alle spalle delle prove di scrittura (nei limiti indicati) possa più facilmente pervenire alla finale: per così dire il suo testo è l’esito di una precedente carriera o di un precedente esercizio di scrittura. Come può avere legittimamente frequentato una scuola di scrittura. Una valida opera narrativa non nasce dal nulla, ha in generale qualcosa prima. Ma certamente sono tratti del profilo che per noi non fanno punteggio. Per noi conta unicamente il testo presentato.

Viene anche eccepito da taluni che i nostri premiati, menzionati e finalisti siano degli addetti ai lavori. Ma se si dà un’occhiata anche superficiale alla nostra storia, si capisce che non è affatto così. È vero se mai che parecchi lo sono diventati, dopo (certo, non solo per merito nostro). Facciamo solo qualche esempio: Paolo Di Paolo, oggi noto a tutti, fu finalista nel lontano 2003 quando era un giovane sconosciuto di appena vent’anni; Mariapia Veladiano, quando vinse nel 2010, era un’ottima insegnante, ma anche lei una sconosciuta nel set editoriale che solo in seguito divenne un’apprezzata opinionista su molte testate giornalistiche. Ma senza andare lontano, pensiamo a un paio delle nostre ultime uscite della XXXII edizione: Laura Lanza, che pubblica in questi giorni con Astoria  Francesca Savasta, intesa Ciccina, e Linda Barbarino che ha pubblicato con successo dal Saggiatore durante il Covid19 La Dragunera. Entrambe apprezzate nel loro ambiente, la prima valente bibliotecaria romana, la seconda entusiasta insegnante di Latino e Greco a Enna, ma certo non note al di fuori.

    Il nostro invito è quindi, da una parte, a leggere con attenzione il bando, dall’altra a conoscere bene la nostra storia e la storia degli autori. E se non si è d’accordo con la nostra linea, com’è peraltro più che legittimo, sarebbe forse opportuno non partecipare al Premio. Ci spiace, tuttavia lo capiamo benissimo: ma noi abbiamo i nostri criteri, noti e pubblici, frutto di una lunga esperienza, e a questi ci atteniamo. Potremo cambiarli in futuro, se sarà il caso. Ma tutto sempre in modo trasparente.


NOI E LE CASE EDITRICI

Nel corso degli anni i rapporti con gli editor e le case editrici si sono andati sempre più consolidando, in maniera del tutto libera da ingerenze da parte loro. Com’è noto alla cerimonia di premiazione invitiamo i rappresentati delle case editrici che ci sembrano interessanti, le tradizionali e affermate come via via le nuove che emergano con convincenti programmi editoriali. Com’è altrettanto noto, presentiamo tutti i finalisti, non solo il vincitore e i menzionati dalla giuria, in modo che tutti possano essere conosciuti e apprezzati. Agli addetti ai lavori, come anche ai giornalisti, in occasione della cerimonia, forniamo il materiale che possa esser utile per la conoscenza degli autori: ma anche chi non è presente potrà farcene richiesta nei giorni successivi. La parola a questo punto passa agli editori che potranno fare, se vorranno, le loro proposte e, ovviamente, agli autori che potranno decidere cosa fare.

    Scorrendo l’elenco di chi ha pubblicato i nostri testi, si potrà vedere che non c’è nessun privilegiato. I vincitori, come gli altri finalisti, potranno essere scelti da grandi come da medie e piccole (ma innovative) case editrici. Ma può anche succedere che qualcuno rimanga senza casa, purtroppo! Da parte nostra, ci adoperiamo, nella misura del possibile, per tutti, cercando la collocazione migliore per ogni tipo di testo, ovviamente sempre a nostro parere. È un lavoro gratuito che il Calvino offre tradizionalmente da vari anni. Gli autori, per parte loro, hanno l’ultima parola e potranno anche scegliere di affidarsi a un agente letterario.


ESISTE UNA LINEA LETTERARIA “CALVINO”?

La nostra linea, se di linea si può parlare, sta nella qualità della scrittura, nel valore narrativo del testo, nella sua costruzione, nel suo tasso di innovazione. Non ci sono generi o argomenti privilegiati. È chiaro che i testi troppo imitativi di modelli preesistenti, o testi di argomento ormai usurato, per quanto scioltamente scritti o ben organizzati non possono ambire ad entrare nella rosa finale. Analogo discorso vale per i romanzi di genere: assolutamente non li scartiamo a priori, purché emergano sulla produzione mainstream per ingegnosità o per stile, come Nel grande vuoto di Adil Bellafqih (menzione della Giuria 2018, pubblicato l’anno successivo da Mondadori). Se rimangono troppo all’interno del canone, potremo magari segnalarli, ma non inserirli tra i finalisti. Per quanto riguarda i racconti, criterio fondamentale è l’unità di ispirazione e stilistica: non possiamo considerare compiuta una raccolta dove si si siano gettati alla rinfusa tutti i pezzi brevi scritti dall’autore nel corso del sua pratica di scrittura, occorre che ci sia un filo di qualche natura che li leghi. Naturalmente gli autori ci possono inviare anche testi non ancora compiuti, qualora desiderino avere un orientamento, nella consapevolezza, però, dei limiti della loro opera.

    Apprezziamo i testi sperimentali linguisticamente o narrativamente?, qualcuno ci chiede. Certamente, e lo dimostrano molti titoli arrivati in finale e spesso anche vincitori: Cartongesso di Francesco Maino (vincitore nel 2013, pubblicato da Einaudi nel 2014), Malacrianza  di Giovanni Greco (vincitore nel 2011 e poi nella dozzina dello Strega 2012), ma venendo agli anni più recenti  L’attività letteraria a Gibilterra nel secolo XXI (vincitore 2019, pubblicato col titolo Notturno a Gibilterra dall’Orma), e poi Sinfonia delle nuvole di Giulio Nardo (2018), I Pellicani di Sergio La Chiusa (2019, in uscita per Miraggi), e Giardino San Leonardo di Gian Primo Brugnoli (2020, in uscita per Del Vecchio), tutti insigniti della Menzione Speciale Treccani. È chiaro che anche nella sperimentazione dovrà esserci un principio ordinatore che dia senso all’impresa letteraria.  

    Che peso hanno imprecisioni e refusi nella nostra valutazione? Spesso da parte di qualcuno ci viene rinfacciato che facciamo “le maestrine” (correggere gli errori è un compito di secondo livello esclusivamente femminile, a quanto pare!). I refusi li segnaliamo come servizio all’autore e certo non sono un criterio di valutazione a meno che non debordino su tutto il testo rendendolo illeggibile. Quanto alle altre imprecisioni, se sono strutturali e insistentemente ripetute, certo ne teniamo conto. Ma anche qui, se il testo ha grande forza e vigore narrativo, e se possiede anche, pur nell’incertezza formale, un suo stile e se intravvediamo la capacità di superare l’ostacolo, possiamo, come abbiamo già fatto varie volte in passato, inviare ugualmente il testo in finale. Ma deve valerne la pena.  Diciamo che la correttezza è preferibile, ma come non basta se non è accompagnata da un soffio inventivo, altrettanto un testo non viene escluso perché presenta delle imprecisioni.

   Ci sarebbero tante altre cose da dire, ma abbiamo già detto molto ed è bene fermarsi.


CRITICHE DEI CONCORRENTI

Ribadiamo che accettiamo volentieri osservazioni e critiche purché siano espresse con cortesia e senza pregiudizi, sul presupposto del reciproco rispetto. Possono anche fornirci nuovi e validi spunti.

    Le critiche è bene anche che siano firmate e non anonime e che si avvalgano dei canali del Premio. Non sempre riusciamo a rispondere a tutti, ma di tutto teniamo conto. Aggiungiamo che i nostri giudizi benché ponderati possono non essere infallibili, e soprattutto possono essere discutibili, visto che la scrittura non è una disciplina matematica. In questo campo i medesimi fattori possono portare a risultati diversi.


APPREZZAMENTI DEI CONCORRENTI

 Abbiamo ricevuto quest’anno davvero numerosi apprezzamenti articolati che ci hanno fatto un grande piacere. È un bel riscontro e un bel riconoscimento per il nostro lavoro che, dobbiamo dire, facciamo con passione. Non potremo, anche in questo caso, rispondere a tutti, ma queste poche parole valgano come ringraziamento per tutti coloro che ci hanno scritto per esprimerci la loro soddisfazione.