News

Un primo felice bilancio

venerdì, 28 Luglio 2017

Il Premio Calvino ha compiuto trent’anni e abbiamo festeggiato il compleanno con molte iniziative ricordando anche Italo Calvino (vedi banda sopra). Soprattutto l’Italo Calvino dei libri degli altri. E per noi il modo migliore di ricordarlo pensiamo sia il lavoro che portiamo avanti con i nostri esordienti.

Ecco, allora, qualcosa che ci dà grande soddisfazione:


GIÀ CINQUE FINALISTI DEL 2017 HANNO TROVATO UN EDITORE:


 

Emanuela Canepa pubblicherà L’animale femmina con Einaudi Stile Libero
Andrea Esposito pubblicherà Città assediata con Il Saggiatore
Davide Martirani pubblicherà Il Regno con Quodlibet
Luca Mercadante pubblicherà Presunzione con minimumfax
Roberto Todisco pubblicherà Jimmy Lamericano con Elliot    

E PER ALTRI LA META È VICINA.

E anche Il perturbante di Giuseppe Imbrogno, menzione speciale nel 2016, ha trovato casa e uscirà in autunno da Autori Riuniti

 


TUTTI CI HANNO SCRITTO IL LORO “DIARIO DEL CALVINO”, COM’È TRADIZIONE.


Se siete curiosi, andate qui

 


E SE VOLETE SAPERNE DI PIÙ SUI TESTI FINALISTI CERCATE “CADILLAC”


La rivista in collaborazione con il Premio ha preparato un numero speciale su cui troverete gli estratti dei romanzi e le schede di lettura insieme a molto altro.

Opere segnalate – Edizione XXX

mercoledì, 5 Luglio 2017

Opere segnalate dal comitato di lettura

ASSO Paolo (1963), Uno di uno
→ “per la sottile e stilisticamente ineccepibile analitica esistenziale in precario equilibrio tra narrazione e saggio”

BESI Stefano (1979), Gli eroi di mattina dormono
→ “per la leggerezza di tocco e il fresco spirito con cui si mettono in campo non senza sfumature surreali quattro personaggi dalla fantasia molto spiccata”

CANU Giovanni (1948), Omine
→ “per l’interessante affresco, nel prisma visuale di un poliziotto napoletano, del passaggio di consegne, in Sardegna, tra banditismo tradizionale e nuovo banditismo dell’Anonima Sequestri”

CECCARANELLI Mauro (1966), Il mondo tutto tondo
→ “per una rivisitazione letteraria del genere noir − tra Gadda e Pasolini − che si distingue per la bellezza della prosa e la chiarezza dell’impianto”

CIVITARESE Rocco (1999), Ho una spina in gola
→”per gli argomenti e la lingua gradevolmente young adult di un romanzo che ripercorre con umorismo gli snodi canonici dell’adolescenza”

DRAGOTTA Fabio (1987), Vodkagrad
→ “per la crudezza e l’intensità con cui vi si affrontano i temi delle patologie famigliari, della prostituzione, dell’omofobia e del neonazismo nel quadro di una Russia dei nostri tempi moralmente degradata”

FIORELLI Lorena (1962), Le convenienze
→ “per la capacità di emozionare con una narrazione che tocca motivi sensibili della femminilità, avvalendosi di un impianto e di una scrittura saldamente tradizionali”

FRANCESCHIN Loretta (1951), Una storia da bruciare
→ “per il bel ritratto di una giovane e fragile donna idealista e per l’incisivo disegno di uno spicchio di retriva provincia veneta agli albori degli anni Settanta”

FRUSTACI Francesco (1983), Il giorno prima della rivoluzione
→ “per l’arduo tentativo di riscrivere gli anni della contestazione operaia torinese in un’ottica dal basso sul filo di una sintassi programmaticamente illetterata”

GALLESU Stefano (1982), La banda dello Zingaro
→ “per l’eccellente tour de force linguistico, variato sistematicamente sulla trivialità, con cui si narra la storia di una sgangherata banda di marginali”

GREGORIN Cristina (1964), Almanacco veneziano
→ “per la ricostruzione, effettuata con estrema cura artigianale, del sentire e dell’operare mercantile nella Venezia di fine Duecento, all’epoca della trasformazione oligarchica del governo cittadino”

LANZETTA Gino (1960), L’amore equatoriale
→ “per l’impeccabilità stilistica e il brioso taglio avanguardistico con cui viene portato avanti un complesso gioco d’incastri che ha come scena primaria la Milano esuberante del terzo millennio”

LA TELA Maria (1973), La fragilità degli occhi asciutti
→ “per l’inquietante analisi delle passioni tristi che segnano l’esistenza di quattro personaggi femminili dai destini incrociati in un luogo del Sud sospeso tra passato e presente”

MATRAXIA Simona (1986), Anonimo
→ “per la capacità di esprimere narrativamente, attraverso un ben delineato personaggio femminile, il fascino esercitato dalla musica nell’aura preromantica della Germania di fine Settecento”

MOSCA Marcello (1990), Il prodigio
→ “per l’originalità dello stile che parodia con misura scritture d’antan nel raccontare una moderna fiaba di trasformazione oscillante tra pulsioni di desiderio e di vendetta”

MUSCAS Nicola (1983), Muzzi in azzurro
→ “per il piglio scanzonato e accattivante e la scorrevolezza di scrittura con cui si narra l’ossessione per la propria squadra del cuore, il Cagliari, sullo sfondo di una calda estate adolescenziale”

ORGERA Alessio (1984), I martiri
→ “per l’amara e acuta riflessione sulla cedevolezza morale dell’individuo e sul cinismo del potere nei giorni della drammatica e grottesca caduta del regime di Ceauşescu”

PALOMBA Alfredo (1985), Teoria della comprensione profonda delle cose
→ “per l’entusiasmo dialettico e l’efficacia espressiva con cui l’autore affronta senza darsi respiro disparati materiali dell’odierna cultura mediatica, tra social, pornografia e letteratura”

PAPPALARDO Domenico (1976), Tappeto verde
→ “per l’ironico rumore di fondo e il gusto dell’iperbole con cui si declinano i cliché della sicilianità in una narrazione di grande piacevolezza che vede al proprio cuore il gioco del bigliardo”

PERRICONE Stefano (1960), Costumi succinti
→ “per la maliziosa leggerezza e il complice divertissement grazie a cui si documenta, con penna raffinata, la scoperta della sessualità tra le classi elevate nella Ostenda di inizio Novecento”

PERRICONE Stefano (1960), Un profumo di miele selvatico
→ “per la narrazione allusiva ed elusiva, permeata di echi letterari e metafisici, del mistero che circonda un personaggio di nome Maria”

PIZZI Licia (1974), Piena di Grazia
→ “per la potenza visionaria di una serrata favola nera in cui non esiste remissione né salvezza per nessuno, ambientata in un truce e lutulento Sud fuori del tempo”

RUSSO Carlo (1956), Il dilemma del prigioniero
→ “per la ricca articolazione di un testo che si muove tra le dinamiche e le ipocrisie della vita d’ufficio e la ricerca di una felicità personale”

SALVOTTI Samuela (1966), Una dea qualunque
→ “per lo spaesante modo di affrontare la storia della propria madre sull’onda di una scrittura densa ed enigmatica, sempre in bilico tra verosimile e inverosimile”

TOSCANO Mariella (1962), Le scogliere di Hansen
→ “per aver saputo dare voce potente e straziante alla visione del mondo allucinata di una persona affetta da schizofrenia”

VASCO Barbara (1974), Il condominio degli aspiranti suicidi
→ “per l’intelligente humour nero con cui è trattata la variegata tavolozza di casi disperati dei nostri tempi che animano una trama complessa e ben congegnata”