Diari

La grammatica della scaramanzia di Franceschelli

mercoledì, 1 Luglio 2015

La grammatica della scaramanzia di cui disponiamo deriva, con ogni probabilità, da primitive logiche di magia “simpatetica”, lo so. Un ingenuo sistema attraverso cui ci illudiamo di tenere sotto controllo gli eventi. Decidere di partire per Torino, finale del Premio Italo Calvino, con un treno di nome Italo, non è stato un atto casuale, semmai ben studiato. Se poi, alle sei del mattino del 26 maggio, la compagnia NTV ti sveglia con un sms che recita “gentile Fabio Massimo, ti informiamo che il tuo treno Italo viaggia con un’ora di ritardo”, allora capisci subito, proprio grazie a quella grammatica, che la ventottesima edizione del Premio tu, caro Fabio Massimo, non la vincerai. Lo capisci subito, alle sei del mattino, ancora prima di partire. Ma va bene lo stesso, siamo finalisti e comunque vada è già una vittoria. Ora mi si chiede un diario di viaggio. Ecco, il mio tragitto verso Torino ha fatto schifo, non semplicemente per quell’ora di ritardo ma per altri eventi di tipica disorganizzazione ferroviaria italiana che si sono sommati a quel ritardo sceneggiando una giornata di viaggio degna di un sequel, l’ennesimo, di Fantozzi. Ma tralasciamo, concentriamoci semmai su un diario della permanenza, sulla splendida città sabauda (così si dice, no?) illuminata da un sole allegro, sugli occhi sempre brillanti di Dacia Maraini che presenta il mio testo, Italia… romanzo Italia, Premio Italo Calvino, treno Italo, ipertrofia semantica… concentriamoci sullo sconosciuto (a me) attore che legge brani del capitolo finale e che ho colpevolmente dimenticato di ringraziare. Concentriamoci su quella bella struttura che è il Circolo dei Lettori di Via Bogino e, last but not least, così sfoggio anche un po’ di inglese che fa sempre cool, concentriamoci sullo staff del Calvino, Mario Marchetti e Sara Amorosini, accoglienti, gentili, professionali. Manca qualcuno? Certo, mancano loro, i lettori del Calvino, eroici volontari che ogni anno leggono e valutano una quantità iperbolica di romanzi su romanzi, 600 quest’anno (se non ricordo male). Ma come si fa a leggere 600 romanzi? D’accordo, se li divideranno tra loro, ma sempre 600 romanzi da gestire sono e non credo proprio – sarebbe bello ma non ci credo – che siano tutti e 600 dei capolavori leggeri e profondi e divertenti, di quelli che t’allietano la giornata. Se la letteratura salverà il mondo, allora, i lettori del Calvino salveranno la letteratura, almeno quella italiana. E quindi… niente, alla fine sono lì, malgrado treni, stazioni e ferrovie varie sono lì, al Calvino, un premio che è un mito dell’artigianato letterario italiano, artigianato nel senso nobile del termine, e io sono lì, tra i nove finalisti, che sono felici e frastornati quanto me, tutti a stringere mani su mani, a ricevere complimenti, a fare i complimenti, a scoprire che in questa Italia contemporanea immiserita ovunque da logiche che mortificano il merito c’è quest’isola felice, il Calvino, dove se scrivi una bella cosa, e solo questo fai, scrivi una bella cosa e la spedisci, te ne viene riconosciuto e valorizzato il merito. E allora… che dire? Grazie Premio Calvino, grazie a tutti voi per questa immensa gioia.